Tutto da rifare per i diritti del calcio

Il tribunale annulla il bando di Mediapro per motivi Antitrust. Sky: «Giusto così»

Tutto da rifare per i diritti del calcio

Tutti allo stadio. O con l'orecchio incollato alle radioline. Come ai vecchi tempi. Rischiano di tornare alle abitudini di una volta gli appassionati di calcio da salotto televisivo, dopo che l'assegnazione dei diritti per la trasmissione delle partite di serie A per il triennio 2019-21 è tornata in alto mare. Parafrasando Bartali, il giudice civile di Milano Claudio Marangoni ha deciso ieri che «l'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare». Non va bene il modo in cui gli spagnoli di Mediapro intendono redistribuire i diritti acquisiti dopo aver vinto, lo scorso 5 febbraio, la gara per la messa in onda delle gesta pedatorie mettendo sul tavolo 1,050 miliardi di euro, mille euro in più del prezzo minimo fissato. Bando annullato, e palla di nuovo al centro. Con tanto di ola da parte di Sky che si era messa di traverso impugnando il documento di offerta: «Il Tribunale ha fatto chiarezza a beneficio di tutti gli operatori - commenta la società italiana del gruppo Murdoch - . Siamo pronti a valutare un'offerta per i diritti tv».

Prima, però, c'è da capire i motivi che hanno portato il tribunale a dar torto al colosso iberico (1,65 miliardi di ricavi e un margine operativo lordo di oltre 215 milioni nel 2017), accusati di fatto di violazione delle regole dell'Antitrust. A far storcere il naso al giudice è stata in particolare la composizione dei pacchetti di partite «chiavi in mano», della durata di 270 minuti e comprensivi di telecronaca, interviste e pubblicità in capo alla società di Barcellona. Un limite, secondo il tribunale, per la libertà di scelta dei singoli offerenti nel formulare le proposte per i diversi contenuti e servizi. In pratica, come riporta il provvedimento, Mediapro «intenderebbe estendere di fatto la sua influenza anche nel mercato a valle della raccolta pubblicitaria e della fornitura di contenuti in una sorta di integrazione verticale tra detti mercati». Non solo. Il bando attuale potrebbe creare un effetto distorsivo «del tutto idoneo a determinare gravi squilibri nel mercato e in danno dei singoli operatori dell'informazione interessati in ragione della notevole influenza sulla acquisizione (e perdita) di quote di mercato che l'esito della gara produrrebbe sull'uno o l'altro dei protagonisti della vicenda e la sostanziale impossibilità di un integrale ristoro di tale pregiudizio in sede di mero risarcimento monetario del danno».

Per i consumatori, poi, il tutto si tradurrebbe in un aumento dei costi del servizio. Di qui l'annullamento del bando originario e l'invito a metterne a punto uno nuovo entro 15 giorni. O a presentare ricorso. Del resto, sottolinea il giudice, «i tempi ancora disponibili sembrano consentire la ripresa di una procedura di gara».

Ma di tempo ne è rimasto davvero poco prima di arrivare al 22 maggio, giorno in cui la Lega Calcio - come confermato ieri da Giovanni Malagò, presidente del Coni e commissario della Lega di A - pretende ancora di ricevere dalla società di Barcellona la presentazione della fidejussione che copra l'esborso offerto per aggiudicarsi i diritti della massima serie. Una deadline che rischia di essere superata se non si riuscirà a trovare una soluzione in extremis. Per quanto caotica e potenzialmente esplosiva ad appena poco più di tre mesi dal fischio d'inizio del nuovo campionato (il 19 agosto è in calendario la prima partita), la situazione resta fluida e potrebbe rimettere in gioco Sky e il gruppo Mediaset.

La prima, guidata in Italia da Andrea Zappia, potrebbe mettere sul piatto 750-800 milioni, mentre il Biscione, che nel bando di gennaio aveva offerto 200 milioni, prenderà parte all'asta soltanto in caso di un'offerta economicamente sostenibile.

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