Il sistema bancario italiano dovrebbe essere visto «come uno degli attori che portano crescita e ricchezza, una parte indissolubile della comunità, e non come una banda di ladri come ogni tanto qualcuno fa». È sbottato così, ieri, l'ad di Ubi, Victor Massiah, rispondendo a una domanda sulle politiche del governo a margine dell'assemblea dei soci che ha approvato l'addio al modello di governance duale. «Non credo sia il ruolo delle banche quello di esercitare influenze sulle politiche del governo. Come settore uno chiede regole del gioco che durino un certo numero di anni», ha concluso Massiah dopo il confronto con i soci riuniti a Bergamo.
Incontro che si è concluso con il via libera a larghissima maggioranza della riforma della governance che prevede il passaggio dal sistema duale a quello monistico. A favore del cambio si è espresso il 99,8635% del capitale sociale presente (pari al 43,5% del capitale totale), contrario soltanto lo 0,1258% e astenuti lo 0,007%. Nel dettaglio, il nuovo sistema di governance proposto prevede l'accentramento della funzione strategica e della funzione di gestione in un unico organo, il cda, che sarà composto da 15 membri e durerà tre esercizi.
Il primo board secondo il nuovo modello monistico verrà eletto dall'assemblea di aprile 2019, che tornerà anche ad approvare direttamente il bilancio d'esercizio, compito che con il dualistico spettava finora al consiglio di sorveglianza.
Intanto, dalla lettura del libro soci è emersa qualche novità in merito alle posizioni di alcuni azionisti rilevanti: la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo è rimasta ferma al 5,91%, mentre la Fondazione Banca del Monte di Lombardia è scesa al 3,95%.
Invece il fondo Silchester è diventato il primo azionista salendo all'8,1% (prima era al 5,12%), mentre Capital Research è al 4,89% e Hsbc ha il 4,23%. Infine, Edoardo Mercadante attraverso Parvus continua ad avere una posizione lunga sul 5,09 per cento. Ormai la metà circa del capitale della banca è in mano ai fondi istituzionali.CC
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