Le ultime follie fiscali: la tassa sullo zucchero

La Danimarca ha tassato tutti i cibi potenzialmente pericolosi per la salute: dalla cioccolata al vino, dalle caramelle alla carne con troppi grassi. Sulla "sugar tax", però, ha deciso di lasciar perdere...

Le ultime follie fiscali: la tassa sullo zucchero

La tassa sulle bibite gassate e zuccherate è saltata, lasciandosi alle spalle una lunga scia di polemiche. Il ministro della Salute, Renato Balduzzi, l'aveva presentata così: "Se scoraggiare consumi significa promuovere uno stile di vita più razionale e sobrio, non è un risultato malvagio". E a chi protestava dicendo che avrebbe danneggiato un intero settore economico (oltre a colpire le tasche dei cittadini), Balduzzi replicava: "Si tratterebbe al massimo di un aumento di tre centesimi a bottiglietta, il valore importante è far riflettere su necessità di abitudini alimentari migliori specialmente per i più giovani". Tutto si basava sulla logica di colpire (tassandoli) i comportamenti non virtuosi. Una tassa per promuovere uno stile di vita virtuoso non è una novità. E non è nemmeno un'idea di sinistra, o di destra. François Fillon, primo ministro francese sotto la presidenza Sarkozy diede inizio alla "battaglia contro l'obesità". Una battaglia ultrasalutista viene portata avanti, da anni, dal sindaco di New York Michael Bloomberg, che oltre al "junk-food" (cibo spazzatura) ha preso di mira, ovviamente, anche il fumo in interi quartieri pedonali e parchi pubblici. Una vera e propria crociata.

Tra i paesi europei più scatenati nel condizionare la vita dei propri cittadini, cercando di orientare le loro scelte attraverso la tassazione, c'è sicuramente la Danimarca. Il governo di Copenaghen non solo ha tassato le bibite gassate ma anche il vino, la birra, il caffè, le caramelle, la cioccolata. E ha tassato persino la carne, ma solo quella con troppi grassi. Nel 2013 era prevista l'entrata in vigore della tassa sullo zucchero negli alimenti (sugar tax). Ma alcuni problemi potrebbero far saltare tutto: ad esempio l'esistenza dei dolcificanti (considerarli o no come lo zucchero?). E il criterio da adottare per applicare la tassa. Secondo la prima bozza della legge, infatti, l'imposta sarebbe stata aggiunta direttamente a un prodotto in base al suo peso. Ma adottando questo criterio strampalato c'era il rischio di colpire molto di più lo yogurt, ad esempio, rispetto alle torte alla cioccolata. Un vero e proprio paradosso. Inevitabile, da parte dello Stato, stilare liste di prodotti alimentari buoni e cattivi. Vere e proprie liste di proscrizione in cui è lo Stato a decidere cosa i cittadini devono mangiare e cosa no.

Ammettiamo, per un

attimo, che il vero scopo dello Stato non sia quello di incassare soldi, ma solo tutelare la salute pubblica: non sarebbe meglio, anziché punire i comportamenti non virtuosi premiare (magari riducendo le tasse) quelli virtuosi?

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