Gli Usa mandano in fumo l'asse Philip Morris-Altria

Stop ai negoziati per le nozze, il big del tabacco: «Puntiamo sulle Iqos». E l'ad di Juul si dimette

Cinzia Meoni

Altria Group e Philip Morris International (Pmi) hanno abbandonato le trattative per la fusione. Il colosso Usa del tabacco aveva cercato di riunirsi con la sua ex controllata dopo lo spin off del 2008. La stretta, in parte inattesa, delle autorità americane sulle sigarette elettroniche ha convinto il management di entrambe le compagnie a soprassedere alle nozze da 200 miliardi di dollari.

«Le due società sono d'accordo nel focalizzare la propria attenzione sul lancio di Iqos negli Usa come parte di un loro interesse reciproco per raggiungere un futuro senza fumo», ha rimarcato Andre Calantzopoulos, amministratore delegato di Pmi detentrice del brevetto Iqos, gli strumenti elettronici che riscaldano e non bruciano tabacco e che sono già in vendita in 48 Paesi.

Iqos è l'unico prodotto a tabacco riscaldato ad aver ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio (premarket authorization) dalla Food and Drug Administration (Fda) statunitense che ha concluso come il dispositivo fosse adeguato per la tutela della salute pubblica. Iqos, ricorda il gruppo presieduto da Louis Camilleri, non è una sigaretta elettronica e Pmi ha sottoposto un corposo dossier di evidenze scientifiche al fine di ottenere l'autorizzazione alla commercializzazione e la parallela procedura per la certificazione di Iqos come «prodotto del tabacco a rischio modificato» che la Fda sta valutando. I dati a livello globale, basati su quattro anni di utilizzo del prodotto, dimostrano come Iqos non sia particolarmente attraente per i giovani o i non fumatori. Al 30 giugno 2019, Pmi stima che siano circa otto milioni i fumatori adulti nel mondo ad aver già smesso di fumare, passando ad Iqos.

«La creazione di una sola società avrebbe potuto dare una spinta alle vendite e avrebbe portato a sinergie di costi» ha sostenuto il presidente di Altria, Howard Willard. Altria, nel tentativo di diversificare il proprio business, dopo aver investito in una partecipazione nel colosso della birra Ab Inbev e del 45% di Cronos, impresa attiva nella produzione di cannabinoidi, aveva puntato le proprie fiche sul 35% Juul Labs, attiva nel mercato delle sigarette elettroniche, investendoci 13 miliardi di dollari. La start up, tuttavia, è finita nel mirino della Fda e della Federal Trade Commission e dei procuratori della California.

In questo scenario ieri sono arrivate le dimissioni dell'ad di Juul Labs, Kevin Burns, subito sostituito al comando da K.C. Crosthwaite, direttore strategia di Altria. Crosthwaite è entrato nel vivo della questione. «Ho sempre creduto in un futuro nel quale i fumatori adulti avrebbero scelto prodotti alternativi come Juul», ha dichiarato il top manager.

Altria ha tagliato la forchetta delle stime sugli utili del 2019, a 4,19-4,27 (da 4,15-4,27) dollari per azione. Il nuovo range rappresenta un tasso di crescita del 5-7% sul risultato del 2018. Altria ha confermato di aspettarsi un declino dei volumi di vendita di sigarette negli Stati Uniti del 5-6% nell'anno in corso.

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