È sempre stato un lavoraccio, di alzatacce e sacrifici. Ora lo è ancora di più. Perché è dura stare in gabbia 12 ore al giorno, con la pioggia o con il sole, per tornare a casa la sera con pochi spiccioli.
In Italia chiudono cinque edicole al giorno. A Roma basta fare un giro per toccare con mano la crisi del settore. Sono diverse quelle che hanno tirato giù le saracinesche per non riaprire più. Molte quelle che hanno ridotto l'orario. Stare aperti non conviene. E la notte non ne parliamo. Trovare un giornalaio dopo cena è ormai un'impresa. Anni fa era diverso. La notte l'edicola era un luogo vivo. E non solo per gli appassionati di riviste porno, che adesso hanno risolto con un clic. La gente compra sempre meno i giornali di giorno, figuriamoci di notte. Il piccolo chiosco di piazza Esedra ancora resiste, sempre aperto, come quello di viale Manzoni. E pochissimi altri.
«Negli ultimi anni a Roma hanno chiuso oltre 200 edicole - conferma il segretario provinciale del Sinagi, Enrico Iannelli - la categoria risente della crisi della stampa e di quella economica». La capitale è davvero piena di edicole sbarrate. Ce n'è una chiusa nel centralissimo Corso Vittorio Emanuele, due in piazza Vittorio, una in via Crescenzio. E se si scorrono gli annunci immobiliari fa impressione vedere quante sono quelle in vendita. Ce ne sono per tutte le tasche, si va dai 70mila ai 180mila euro. Il problema è trovare qualcuno disposto a sborsare del denaro per un lavoro ormai in crisi. Neanche i cinesi ci hanno messo le mani. Non è un business neppure per loro. Ed infatti le due edicole di piazza Vittorio, la Chinatown romana dove gli orientali si sono presi tutto, sono rimaste chiuse. «Sono scappati tutti - racconta uno dei giornalai superstiti della zona - chi vuole più stare 12 ore in mezzo alla strada per guadagnare 30 euro al giorno. L'edicola l'ho ceduta a mio figlio, io ho un ristorante dove guadagno in quattro ore quello che incassa lui in quattro giorni». Ma non è soltanto una questione di quartiere. Gli edicolanti che si arrendono sono ovunque. Anche l'edicola di piazza Cola di Rienzo, in Prati, è in vendita da due anni. Sono marito e moglie a gestirla, ma ormai arrancano e vorrebbero ritirarsi: «Si guadagna sempre meno e si pagano tasse sempre più alte, anche la tassa sull'ombra», dicono. In piazza del Parlamento c'è l'edicola più antica di Roma. «Questo è un mestiere che sta morendo e nessuno ci aiuta. Il problema è anche la tecnologia - racconta il signor Giorgio - pochi comprano ancora il cartaceo. Ci reggiamo sulle riviste, ma ormai vendiamo la metà delle copie di tutto e riusciamo a portare a casa al massimo un solo stipendio, con tutte le tasse che dobbiamo pagare». Lamentele comuni. Poco più in là la musica è la stessa: «Siamo costretti ad andare avanti vendendo souvenir e cartoline». Ed in effetti più che edicole sembrano piccoli bazar, dove si vende di tutto, anche l'acqua. Chi non diversifica non ce la fa a tirare avanti. «Io mi salvo perché ho la stampa di tutto il mondo e riviste specializzate che in altre edicole non si trovano», racconta la titolare del chiosco di via Veneto. Ma per la maggior parte dei giornalai i margini di guadagno sono inesistenti. E si fa fatica ad andare avanti: «È colpa anche degli editori - dice l'edicolante di piazza Walter Rossi - che con i giornali distribuiti ovunque e gli abbonamenti a prezzi stracciati non ci aiutano.
E poi se 25 anni fa scaricavano 500 copie di un giornale, ora se ne scaricano al massimo 80. E pensare che con questa edicola vent'anni fa ci vivevano due famiglie, la mia e quella di mio cognato, e ci abbiamo pagato un mutuo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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