Egitto senza pace Scorre ancora sangue nella vigilia elettorale

Egitto senza pace Scorre ancora sangue nella vigilia elettorale

Mancano sette giorni alle prime elezioni dell’era del dopo Mubarak, ma le immagini in arrivo ieri dal Cairo ricordano i primissimi giorni della rivoluzione di gennaio, quando il raìs era ancora a palazzo e le forze di sicurezza tentavano di sgomberare piazza Tahrir da una folla testarda e di reprimere il dissenso.
L’operazione della polizia egiziana per svuotare con la forza la piazza simbolo della rivoluzione è iniziata sabato mattina. Dopo l’enorme protesta di venerdì, organizzata dai Fratelli musulmani e altri gruppi islamisti per chiedere le dimissioni della giunta militare e per opporsi a principi sovracostituzionali che metterebbero i militari al di sopra di ogni autorità civile, centinaia di persone erano rimaste in piazza. Gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine sono cominciati subito. Alla notizia, migliaia di persone sono scese nel cuore del Cairo, urlando contro il feldmaresciallo Tantawi, capo della giunta militare, chiedendo ai militari di accelerare la transizione verso un governo civile.
Se venerdì in piazza c’erano soprattutto islamisti, la repressione delle forze dell’ordine ha ricompattato i ranghi di un mondo politico variegato e diviso e riportato in piazza centinaia di giovani legati a gruppi laici e liberali che avevano evitato la manifestazione di venerdì a causa della forte presenza di partiti religiosi. Diciotto movimenti politici hanno minacciato di far ripartire la rivoluzione se i militari non indicheranno al più presto quando cederanno il potere. Gli scontri si sono intensificati ieri. Una battaglia per il controllo della piazza è andata avanti per ore. La polizia ha usato lacrimogeni, manganelli, proiettili di gomma e testimoni raccontano di aver sentito anche colpi di arma da fuoco in risposta alla sassaiola dei manifestanti, ma il governo smentisce. Più volte le forze dell’ordine hanno svuotato piazza Tahrir per ritrovarla pochi minuti dopo ancora piena. Secondo la tv di Stato, quattro manifestanti sono rimasti uccisi nelle violenze. Sono quasi mille i feriti in due giorni di scontri. La folla ha tentato di muoversi verso il ministero dell’Intero, simbolo di quelle forze dell’ordine accusate oggi - come ai tempi del regime di Mubarak - di brutalità. La polizia ha fermato per alcune ore anche la prima candidata presidente donna, Butaina Kamel, volto noto della tv egiziana. Si sono anche rincorse voci di un presunto sequestro da parte dei manifestanti di quattro agenti della polizia, un ufficiale e un soldato. E i video amatoriali messi online - come quello dove alcuni agenti trascinano il corpo di un uomo, apparentemente in un cumulo di immondizia - sono destinati ad aumentare la rabbia della piazza. Per protesta contro la repressione, il ministro della Cultura Emad Abou Ghazi si è dimesso.
In serata, mentre si rincorrevano le voci e poi le smentite delle dimissioni del governo, l’esecutivo ha tenuto un incontro di emergenza con il Consiglio Supremo dell’esercito, la leadership militare che governa il Paese. Le autorità hanno fatto sapere che le elezioni parlamentari, che cominciano il 28 novembre e vanno avanti in tre turni fino a gennaio, si terranno regolarmente.
Le violenze rischiano di compromettere il voto. Le tensioni di queste hanno toccato tutto l’Egitto. Ieri si è manifestato contro i militari ad Alessandria e a Suez e a Minya, nel Sud. Diventa ogni ora più complicato per l’esercito e per quelle forze di sicurezza che lunedì dovranno garantire la sicurezza ai seggi, mantenere la stabilità. In ogni città, l’oggetto delle proteste sono proprio i soldati che nove mesi fa erano stati accolti dai manifestanti come eroi per non aver puntato i fucili contro la folla.

Oggi, i generali cui la piazza aveva affidato la difesa della rivoluzione sono accusati di usare gli stessi metodi brutali e gli stessi toni anacronistici dell’ex regime e di utilizzare le forze di sicurezza per reprimere nella violenza il dissenso. In serata, al grido di «irhal», vattene, diretto al feldmaresciallo Tantawi, piazza Tahrir si stava riempiendo un’altra volta e i blindati dei militari erano a difesa dei palazzi ministeriali.

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