da Roma
La partita è complessa, come forse non lo era da anni. Da quando, sussurra qualcuno a via Bellerio, il Carroccio non mise la parola fine al primo governo Berlusconi nel lontano dicembre del 94. Già, perché se fino a ieri il rapporto tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi non è mai stato davvero in discussione nonostante le periodiche voci su improbabili cambi di rotta della Lega (regolarmente smentite), da qualche mese il Senatùr è alle prese con una questione ben più impellente di qualsiasi alleanza. Se davvero nella primavera del 2008 si dovesse tenere il referendum sulla riforma elettorale, infatti, i vertici del Carroccio sanno bene che nel caso si raggiunga il quorum la Lega sarebbe destinata a una rapida scomparsa. Prospettiva che, è ovvio, non entusiasma. E, altrettanto ovvio, costringe Bossi e i colonnelli tutti (a prescindere dalle divergenze) ad alzare necessariamente la guardia.
Ed è proprio di questo che si è parlato ieri a via Bellerio in unanimata segreteria politica con Bossi, Maroni, Calderoli e Giorgetti (assente Castelli impegnato a Roma con Porta a Porta), alla quale hanno partecipato anche Gibelli e Cota. Una riunione nella quale si sono contrapposte le diverse prospettive di Maroni e Calderoli. Una divergenza non solo di facciata, se - racconta chi era presente - il vicepresidente del Senato si è scaldato non poco quando ha appreso dalle agenzie di stampa dellapertura di Maroni non solo sulla riforma elettorale ma anche sul federalismo. E, daltra parte, pure lex ministro del Welfare pare non abbia reagito bene quando ha saputo dai giornali del faccia a faccia tra Calderoli e Prodi. Insomma, almeno da qualche settimana a questa parte, la lunga tregua tra i due colonnelli parrebbe incrinarsi.
Una situazione della quale Bossi non pare però preoccuparsi troppo. Il Senatùr, infatti, resta convinto che lalleanza con Berlusconi «sia lunica strada al momento percorribile», ma nei giorni scorsi con i suoi non ha nascosto le molte perplessità su un «possibile asse tra il Cavaliere e Fini» per rimandare il confronto sulla riforma elettorale fino a quando non ci saranno più i tempi tecnici per bloccare il referendum. Che il Carroccio segua il doppio binaro, dunque, fa solo gioco.
Non è un caso che, terminato il vertice, Maroni spieghi come nel Carroccio «ci sono opinioni diverse» anche se «siamo tutti daccordo che è il momento di vedere le proposte sul tavolo». «Oltre che di riforma elettorale - spiega - si parla di federalismo fiscale e Senato delle regioni». «Mandiamo avanti il tavolo che giovedì verificherà la volontà di tutte le forze politiche sulla riforma elettorale - dice Calderoli - andando a vedere i modelli proposti».
Per intanto, a certificare la doppia via, la segreteria politica ha sciolto il nodo delle amministrative e messo nero su bianco che si andrà con il centrodestra in tutti i Comuni sopra i 15mila abitanti (insomma, mani eventualmente libere solo nelle partite che non hanno peso a livello nazionale). Cade, dunque, il principale strumento di pressione con cui da un mese il Carroccio chiede al Cavaliere garanzie sul referendum.
In via di soluzione anche il caso Gabana, il senatore della Lega che si è detto «tentato» dal dare «un eventuale aiuto a Prodi» a Palazzo Madama, «magari sullAfghanistan o sulla riforma previdenziale». Il mal di pancia, infatti, è legato alla corsa alla segreteria di Pordenone, vinta dalla corrente di Enzo Bortolotti.
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