Esame dopo un anno di governo, l’Unione teme il flop: "Test locale"

Esame dopo un anno di governo, l’Unione teme il flop: "Test locale"

Roma - Splendido paese, l’Italia: per quanto sembri incredibile prima ancora che aprano le urne, è già duello sul risultato del voto, qualunque esso sia. Il che - se non altro - è già una prova indiretta: i sondaggi in possesso dei due poli (che non si possono divulgare in queste ore) dovrebbero essere concordi (infatti lo sono, e non portano buone notizie per la maggioranza). Il centrosinistra già ripete in coro: «Si tratta di un voto locale». E poi: «Non si tratta di un test nazionale». E il centrodestra, con altrettanta nettezza, suggerisce l’idea che dieci milioni di elettori, un quarto di tutto il plenum elettorale, siano molto più di un test, la prova di una tendenza che lo vede vincente.
Silvio Berlusconi, leader del centrodestra, a questi sondaggi faceva riferimento esplicito venerdì nel chiudere la campagna elettorale: «Se noi avessimo la possibilità di andare alle elezioni nazionali - spiegava - avremmo una grande vittoria. I sondaggi ci danno al 57%». Diceva il Cavaliere di «registrare in tutta Italia entusiasmo superiore a quello degli anni precedenti». E aggiungeva: «Se i risultati confermeranno quelli della vigilia, come io credo - prosegue Berlusconi - ci sarà un riverbero dell’opinione pubblica nazionale sul voto locale. Se questi saranno i risultati allora dovremmo scendere in campo con forza e chiedere le dimissioni di questo governo e nuove elezioni, anche perché le vecchie ancora non hanno un risultato certo».
Curioso che per il centrosinistra abbia parlato Walter Veltroni. Un uomo finora quasi geloso delle sue prerogative di sindaco capitolino e che proprio in questa campagna ha deciso di girare in lungo e in largo l’Italia. Lo fa per «servizio», dice, ma da Lucca intanto, l’uomo che tutti indicano come prossimo leader del centrosinistra apre il fuoco di sbarramento al Cavaliere: «Qui a Lucca sono venute persone importanti a fare discorsi infuocati - dice riferendosi a Berlusconi - avranno certo sostenuto che le elezioni di domenica saranno un segnale per il Governo. Questo - sottolinea Veltroni - non è vero. Prima di tutto perché non si vota contro qualcosa ma per qualcosa. E poi perché non si può dire ai cittadini di votare per qualcosa di diverso, mentre eleggono il sindaco della loro città. Anzi, il voto di domenica è ancora più importante perché le ricadute di un’amministrazione comunale sono ben più immediate di quelle di un Governo nazionale». Ma la giornata è lunga, e da Olbia il Cavaliere aveva alzato ancora il tiro per dire due cose: «Se il centrodestra vincerà con un margine di dieci punti chiederemo le elezioni anticipate». E poi: «Sono disponibile per senso di responsabilità, a fare ancora il premier».
C’è poi chi ha assunto una posizione intermedia, come il presidente dell’Udc, Rocco Buttiglione: «Il voto delle amministrative coinvolge 10 milioni di persone: anche non essendo un voto politico - spiega - ha un’indubbia valenza politica». E subito dopo, però, contrasta le dichiarazioni del leader azzurro: «Ma, anche in caso di un successo del centrodestra, chiedere elezioni anticipate sarebbe un errore». Un’altra posizione, invece, è quella di chi nel centrosinistra, sottoscrive le tesi di Berlusconi, pur non condividendole. Ed a farlo è addirittura un leader di prima fila come Enrico Boselli: «Le elezioni amministrative diventeranno «inevitabilmente anche un test per il Governo», dice il segretario dello Sdi. «Non dovrebbe essere così - spiega Boselli - ma questa tornata elettorale finirà per rappresentare inevitabilmente anche un test sul livello di consenso per la maggioranza di governo ed è altrettanto inevitabile che il centrosinistra sconti una certa impopolarità come conseguenza del rigore dell’ultima legge finanziaria necessario per operare il risanamento dei conti del paese».

Molto netto, invece il leader di An Gianfranco Fini: «Le elezioni sono amministrative. Dopo di che, se il risultato è inequivocabilmente a favore del centrodestra, Prodi non si dimette, ma dal giorno dopo comincia la resa dei conti nella maggioranza».

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