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La Catalogna si fa in segreto la Carta per l'indipendenza

Dieci saggi, tra magistrati e docenti, hanno già scritto una bozza di Costituzione. In attesa del referendum che Madrid non vuole

La Catalogna si fa in segreto la Carta per l'indipendenza

Appena venti giorni fa, lo scorso 8 aprile, il Congresso spagnolo ha bocciato la proposta avanzata dal Parlamento catalano di un referendum per l'indipendenza della regione. Solo 47 i voti favorevoli, gli altri 299 deputati iberici hanno manifestato la propria contrarietà al proposito separatista. Ma già tre mesi prima del responso di Madrid, a Barcellona c'era chi, in segreto, scriveva una bozza di Costituzione del nuovo stato indipendente. Una Carta redatta da dieci saggi, magistrati ed eminenti docenti universitari, ai quali, nel gennaio scorso, un gruppo di deputati indipendentisti ha affidato l'incarico. Da allora i dieci «padri costituenti» del possibile futuro Stato di Catalogna si sono riuniti ogni settimana, per almeno quattro ore. A rivelarlo è il quotidiano El Mundo, venuto in possesso dei dettagli proprio tramite uno dei dieci saggi, il magistrato barcellonese Santiago Vidal, molto vicino al partito indipendentista Erc (Sinistra repubblicana catalana).
Una Costituzione allo stato embrionale, ma non troppo: secondo il giornale spagnolo sarà composta da 169 articoli (30 in più di quella italiana), 60 dei quali sono già nero su bianco, divisi in nove titoli e 17 capitoli. All'articolo 1 si legge che «la Catalogna è una nazione. Questa nazione si configura, sotto il profilo politico-giuridico, come una Repubblica». Lo stato di Catalogna avrebbe un primo ministro a capo dell'esecutivo, un presidente della Repubblica con poteri squisitamente rappresentativi, ed entrambe le cariche sarebbero rinnovabili solo per due mandati. Non solo: il testo prevede la nascita di un'Agenzia dei tributi con il compito di riscuotere le tasse, e sancisce il diritto dei cittadini a rivendicare l'accesso alla casa, alle cure mediche e all'istruzione. «Sono tre diritti che nella carta spagnola restano pure aspirazioni, mentre in questa Carta diventano dei veri doveri dello Stato, con la possibilità per i cittadini di farli valere nei tribunali», ha spiegato a El Mundo il giudice Vidal. Dall'altro lato la proprietà privata «dovrà rispondere a un ruolo sociale, e le proprietà frutto di speculazione saranno suscettibili di espropriazione». Vidal non fa mistero neanche delle altre carte costituzionali cui i dieci saggi si sono ispirati: quelle di Norvegia e Danimarca - due Paesi che, quanto a popolazione e Pil, non differiscono molto dalla Catalogna, e poi quella degli Stati Uniti, che, ha continuato il giudice, essendo una mera enunciazione di principi generali «può essere soggetta a una interpretazione evolutiva. La Costituzione spagnola del 1978, invece, è troppo precisa e dettagliata: perciò non la si può adattare alla realtà sociale».
E i rapporti con la Spagna? Qui, secondo Vidal, ci sono quattro opzioni: una federazione, una confederazione, un'associazione oppure la completa indipendenza.
Difficile, al momento, delineare le differenze tra le varie forme. Ma intanto cinque giorni fa Artur Màs, il presidente della Generalitat, cioè del governo autonomo di Catalogna, ha promesso che non mollerà la presa nei confronti di Madrid: «Il referendum ci sarà sicuramente, il popolo catalano sarà chiamato alle urne il 9 novembre». I quesiti, ha proseguito Mas, saranno due: «Pensi che la Catalogna debba essere uno Stato? E, se sì, vuoi che sia uno stato indipendente?». A sentire le dichiarazioni del presidente catalano e di Santiago Vidal, nel Paese iberico molte cose potrebbero cambiare: «Non sappiamo neanche se nel 2016 o 2017, che è presumibilmente quando sarà approvata la Costituzione, la Spagna sarà ancora una monarchia», ha detto il magistrato.


Fantapolitica a parte, il sogno di una Catalogna autonoma, per qualcuno, è tutt'altro che archiviato.
Twitter @giulianadevivo

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