Nel giorno in cui una corte d'Appello di Parigi conferma il licenziamento di un'impiegata di un asilo privato per aver indossato sul luogo di lavoro il velo islamico, a Strasburgo si sono aperti i lavori della Corte europea per i diritti dell'uomo sul ricorso di una seconda donna francese, musulmana, contro la legge che nel 2011 ha vietato nel Paese di indossare il velo integrale in pubblico. Così, la Francia è tornata ieri a parlare di Fatima Afif, 44 anni, musulmana e assistente al Baby-Loup, asilo nei sobborghi multiculturali a Ovest di Parigi.
Nel 2008, la donna era stata licenziata perché indossava l'hijab, il velo islamico, durante le ore di lavoro, benché le regole interne dell'asilo - privato - chiedessero agli impiegati di non presentarsi davanti ai bambini con simboli religiosi evidenti. Una legge francese vieta d'indossare croce, kippah ebraica, velo islamico nei luoghi di lavoro pubblici.
«Oggi un'istituzione repubblicana ha riaffermato la forza del principio della laicità», ha detto l'avvocato dell'asilo, Richard Malka, dopo la sentenza, mentre il Collettivo contro l'islamofobia in Francia, gruppo musulmano, ha parlato di «un vero scandalo giudiziario». Se secondo un sondaggio Bva l'87% dei francesi sulla questione sostiene le parti dell'asilo, molti nella comunità musulmana - la minoranza islamica in Francia è la più vasta d'Europa con oltre 5 milioni di cittadini - considerano il licenziamento e più in generale il divieto del velo islamico sul luogo di lavoro una discriminazione, una limitazione delle libertà religiose e di espressione. Inoltre, dicono, la legge parla espressamente di luoghi pubblici, anche se durante i due anni di dibattito le autorità hanno pensato di estendere la norma anche al settore privato.
Né il dibattito sull'asilo né più in generale quello sul velo e sulla laicità in Francia si fermano alla sentenza di ieri. «Non lascerò mai e poi mai», ha detto dopo il verdetto dei giudici Fatima Afif al Nouvel Observateur. In passato, parlando allo stesso settimanale, la donna aveva ammesso che, dopo i vari gradi di giudizio, avrebbe anche fatto ricorso alla Corte europea per i diritti umani. E in una simbolica coincidenza di date, proprio ieri i giudici europei di Strasburgo hanno iniziato a lavorare a un altro ricorso, quello di una musulmana francese di 23 anni contro la legge che dal 2011 vieta di indossare in pubblico il velo integrale - burka o niqab o qualsiasi «tenuta che dissimuli il volto».
Sul caso della giovane i giudici decideranno soltanto a metà dell'anno prossimo. Nel frattempo, il dibattito sulla laicità e l'identità, sull'immigrazione, l'assimilazione e il multiculturalismo in Francia e in Europa vanno avanti, come sono andati avanti senza sosta e senza soluzione negli ultimi dieci anni. A Parigi fa discutere una proposta dell'Osservatorio per la laicità, organo legato all'ufficio del primo ministro e che si occupa di norme simili a quella sul velo, di istituire il 9 dicembre una giornata nazionale per la laicità: la legge sulla separazione tra Stato e Chiesa è stata firmata proprio il 9 dicembre 1905. E sugli scaffali delle librerie di Francia, tra i titoli più venduti in queste settimane c'è il già controverso L'identité malheureuse - l'identità infelice - di Alain Finkielkraut.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.