Intesa con l'Iran: tregua sul nucleare

Concessi 6 mesi per eliminare le riserve di uranio, in cambio di sanzioni più blande. Netanyahu: "Errore madornale"

Kerry e Netanyahu a Villa Taverna, sede dell'ambasciata statunitense
Kerry e Netanyahu a Villa Taverna, sede dell'ambasciata statunitense

Tel Aviv - Dopo anni di tentativi falliti e giorni di trattative tra i cinque membri del Consiglio di Sicurezza più la Germania e l'Iran è stato firmato un accordo preliminare, valido sei mesi, per frenare il programma nucleare di Teheran e alleggerire parte delle sanzioni imposte dalla comunità internazionale alla Repubblica islamica. Le fotografie dei protagonisti dei negoziati che si stringono la mano e si abbracciano sono storiche, considerato il fatto che fino a settembre Washington e Teheran pubblicamente non avevano nessun tipo di relazione. Il presidente americano Barack Obama ha parlato ieri di «una nuova via verso un mondo più sicuro». Il suo segretario di Stato John Kerry è comparso nelle ultime ore sugli schermi delle maggiori televisioni degli Stati Uniti, con toni ottimistici ma anche vigili: «Teniamo gli occhi ben aperti e non ci facciamo illusioni», ha detto. In casa e all'estero, infatti, sono molte le voci contrarie all'intesa: i repubblicani criticano la Casa Bianca, che parla di «limitazioni sostanziali che aiuteranno a prevenire l'Iran dall'ottenere l'arma atomica». L'Arabia Saudita, preoccupata da un espansionismo nucleare iraniano nella regione, ha mantenuto un silenzio che rivela molti timori. È soprattutto l'alleato di Washington, Israele, a criticare l'intesa. Da settimane il governo di Benjamin Netanyahu fa pressioni contro l'alleggerimento delle sanzioni all'Iran e ora non nasconde il proprio malcontento: «Non si tratta di un accordo storico ma di un errore storico», ha detto il primo ministro. Anche se il presidente Shimon Peres è stato più ottimista, parlando di un'opzione diplomatica e dicendo che Israele giudicherà l'accordo sui fatti, la maggior parte dei politici israeliani oggi hanno definito l'intesa «cattiva». «Nei prossimi mesi Israele non smetterà di usare i toni forti sull'Iran e forse spenderà di più in sistemi di difesa, temendo una rottura dell'accordo», prevede Eldad Pardo, professore all'università Ebraica di Gerusalemme ed esperto di Iran. A Teheran il ministro degli Esteri e negoziatore a Ginevra Javad Zarif è ora visto dalla popolazione, colpita nella vita quotidiana dalle sanzioni internazionali, come un eroe. Il presidente Hassan Rouhani ha detto che l'accordo riconosce il diritto del Paese al nucleare. «L'Iran continuerà con il suo programma di arricchimento - ha spiegato - Per questa ragione annuncio alla nazione che le attività di arricchimento procederanno in maniera simile al passato». In realtà, l'accordo prevede limitazioni reali proprio al processo di arricchimento dell'uranio. Il documento firmato a Ginevra, infatti, prevede che Teheran arresti l'arricchimento oltre il 5%, quindi sotto i livelli necessari per costruire un'arma atomica. Chiede inoltre al Paese di neutralizzare le riserve di uranio già arricchito al 20%. Con l'intesa di Ginevra l'Iran accetta inoltre di non attivare nuove centrifughe, meccanismi che servono all'arricchimento dell'uranio, e a sospendere la costruzione del reattore di Arak per la produzione di plutonio, come richiesto dalla Francia nel primo round di colloqui. Gli ispettori internazionali potranno inoltre monitorare le installazioni iraniane quotidianamente.

In cambio, la comunità internazionale solleverà alcune delle misure economiche imposte all'Iran (sanzioni sulla vendita di oro, metalli preziosi e componenti auto) e scongelerà 4,2 miliardi di dollari derivati dalla vendita di greggio ma bloccati dalle banche internazionali. L'accordo «non limita in assoluto la capacità di costruire una bomba - spiega l'esperto Pardo - ma non permette al Paese di costruirla nei prossimi sei mesi».

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