L'ultima di «tata» Bloomberg: guerra al volume delle cuffie

L'ultima di «tata» Bloomberg: guerra al volume delle cuffie

«È diventato la tata d'America», ride di lui la coppia radiofonica più irriverente e ascoltata degli Stati Uniti. «Sembra una vecchina che gira in casa in vestaglia e bigodini e dice a tutti cosa fare», insistono i protagonisti del John and Ken Show, pronti a sbertucciarlo a ogni sua nuova trovata. E lui, Michael Bloomberg - settimo uomo più ricco degli Usa e magnate dell'informazione finanziaria - di trovate sorprendenti e di campagne da tata-chioccia non smette di tirarne fuori dal cappello. Specie ora che il suo mandato, il terzo consecutivo, si avvicina alla scadenza del primo gennaio 2014, dopo dodici anni alla guida della Grande Mela, saldo al comando da quando nel 2002 assunse l'incarico all'indomani dell'attacco alle Torri Gemelle. L'ultima crociata del leader che ha appena girato la boa dei 71 - ex democratico convertito repubblicano quando decise di prendersi New York, per poi diventare «indipendente» nel 2007, a metà del secondo mandato - suona un po' demodé ma è molto più à la page delle apparenze: il sindaco ha appena dato il via alla battaglia contro la musica troppo alta di cuffie e cuffiette, ormai diventate la seconda pelle dei newyorchesi, talmente diffuse da essere considerate la causa della perdita di udito fra il 30% degli adolescenti americani, che con i loro mp3 sforano la soglia di sicurezza degli 85 decibel. Tata-Bloomberg non ha perso tempo: tramite il fondo per la salute pubblica, ha messo in mano al suo assessore 250 mila dollari per una campagna che avvisi i ragazzi dei rischi sui social media. Una lotta, quella per la salute dei cittadini, che per il sindaco di New York rasenta l'ossessione. Non solo lo stop al fumo, anche all'aperto, dopo lo Smoke-Free Air Act che nel 2002 vietò le bionde nei 1700 parchi della città e sugli oltre 22 chilometri di litorale. Non solo il divieto, in vigore da questo mese, di vendere bibite gassate e ipercaloriche oltre il mezzo litro (una battaglia anche contro due colossi come Pepsi e Coca Cola, alla fine costretti a unirsi alla lotta per contrastare l'obesità dilagante). Il sindaco-chioccia, sempre a marzo, ne ha sfoderata un'altra delle sue e ha dichiarato guerra ai bicchieri bianchi da asporto, quelli in polistirolo, e contro le vaschette dello stesso materiale, messe al bando perché impossibili da riciclare e quindi in grado di allontanare la città dal uno dei principali obiettivi del suo leader: fare di New York la metropoli che ricicla tutto.
Iperattivo, poliedrico e onnipresente, Bloomberg non si ferma davanti a niente e vuole fare ancora di più. Compreso convincere le mamme newyorchesi ad allattare al seno i propri bimbi per i soliti noti vantaggi: rafforzare il sistema immunitario dei neonati, consentire una facile ripresa dopo il parto e - ovvio anche se non dichiarato - risparmiare sulla spesa sanitaria. Per farlo, da sei mesi, in città è in vigore uno dei provvedimenti più restrittivi di tutti gli Stati Uniti: il sindaco ha imposto a oltre metà degli ospedali di avviare un monitoraggio sul numero di bottiglie di latte artificiale utilizzate in passerella e ai medici che danno il via libera al loro utilizzo di firmare una richiesta di autorizzazione come accade per i farmaci.
E che dire delle altre grandi battaglie, quelle che dividono in due l'America proprio come una mela? Bloomberg non perde occasione di combattere anche quelle: contrario alla pena di morte, favorevole all'aborto tanto da aver boicottato la nomina del presidente della Corte Suprema John Roberts e aver confessato in privato di non votare per Mitt Romney alla presidenza a causa delle sue posizioni sul tema, è anche favorevole ai matrimoni gay ma soprattutto in prima linea nella battaglia contro le armi facili. Per questo, due mesi fa, si è guadagnato la copertina di Time come gunfighter, uno dei pochi combattenti che ha smitizzato la National Rifle Association, definendo «una leggenda» la tesi diffusa a Washington che attribuisce alla lobby delle armi la capacità di distruggere una carriera politica. Lui in effetti la sua l'ha fatta «battendo i signor no», come ha ricordato di recente, ma anche imponendo molti no.

Prima di andarsene, non potendo cambiare le regole per assicurarsi un nuovo mandato come fece nel 2008, ha indicato a New York il nome dell'erede prediletta: Hillary Clinton. Un brindisi alla vanità dell'aspirante presidente.

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