Una famiglia sterminata perché benestante

Una famiglia sterminata perché benestante

Purtroppo il caso della povera Giuseppina Ghersi, a Savona, non è l’unico. Parlo della Famiglia Biamonti, un’altra strage, un pluriomocidio avvenuto dopo il 25 aprile 45, un fatto eclatante che ebbe molta eco, visto che fu sterminata senza pietà un’intera famiglia. Sempre con la solita ottusa accusa di essere spie fasciste. Il solito strumento per usare i mitra e dopo, a cose fatte, depredare i beni dei morti.
Con il favore del buio, i soliti e noti eroi, assassinano con le solite modalità da macellai un intero nucleo famigliare, padre, Domingo Biamonti di anni 61, medico, la madre Maria Naselli Feo di anni 54, la figlia Anna Maria di anni 23 e pure la domestica, Elena Merlo di anni 35… nella notte del 14 maggio 1945, a venti giorni dalla Liberazione. I pluriassassini usano il mitra e anche il calcio delle armi per meglio dare sfogo all’odio di classe che guida le loro azioni omocide… Prima di essere assassinati queste povere persone devono anche subire la prigionia, completamente arbitraria nel famigerato Gulag di Segno, dove venivano concentrati dai partigiani comunisti tutte le povere persone, sospettate di essere «spie fasciste»…
Il Gulag di Segno era in pratica, il braccio della morte, dove chi ci andava era sicuro che un plotone di boia lo avrebbe, prima o poi liquidato. Qui i Biamonti vengono deportati, qui subiscono giorni tremendi, umiliazioni senza fine… I corpi dei Biamonti presentavano fori di grosso calibro, e anche lesioni causate da martelli o altri oggetti contundenti. Pare che la moglie del Domingo Biamonti, non arresasi supinamente al fatto di essere fucilata, ingaggiò una lotta furibonda con i partigiani. Venne colpita senza pietà con una mazza e finita con il classico colpo alla nuca. Le salme furono occultate sotto falso nome, gli abiti ed i documenti furono dati alle fiamme dai loro assassini…e a convincere le autorità a fare luce sui fatti e a riaprire l’inchiesata fu il fidanzato della povera Anna Maria Biamonti, che non volle arrendersi alle minacce dei soliti noti .
I poveretti risiedevano in una villotta di Legino. Segno di un certo benessere, che ovviamente risvegliò l’invidia e la cupidigia di certi personaggi tra i partigiani rossi. Dalle carte processuali emerge un nome, di un partigiano comunista, appartenente alla polizia ausiliaria, Luigi Rossi, detto Toni, nome molto ricorrente in tante vicende dolorose di uccisioni e «lupare bianche».
È noto che questa persona, coinvolto anche nell’efferato omicidio della piccola Giuseppina Ghersi, volesse effettuare un esproprio di proprietà della famiglia Biamonti.
Questo partigiano comunista, viene processato solo nel 52, condannato a 27 anni, con il condono di anni 19, e gli altri imputati tre in tutto, nonostante gli indizi andranno assolti.
Un episodio la dice lunga sulla personalità psicopatica dell’unico condannato: volle seppellire i quattro morti in una unica fossa, senza la cassa… come ebbe a dire egli stesso: «..macché cassa, così, come i cani…».

Nel corso del processo, negò tutto anche di fronte a precise testimonianze…Anzi i poveri Biamonti, oramai nel Regno dei Cieli, ricevettero la riabilitazione postuma, e se il Rossi, Toni, non avesse velocizzato l’esecuzione in modo arbitrario ed autonomo, sarebbero stati liberati dal Gulag di Segno, perché non riconosciuti come «spie Fasciste». La loro vera colpa era di essere benestanti, e qualcuno voleva i loro beni, dopo averli tolti di mezzo… ecco la vera ragione della loro uccisione.

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