Finanziaria, Unione battuta in commissione al Senato

La maggioranza va sotto alla commissione Difesa grazie alla defezione della Palermi (Pdci) che si difende: ho fatto un pasticcio ma non volevo

da Roma

L’avvio di questa Finanziaria al Senato è come quello dell’Era glaciale due, con lo scoiattolo avvinghiato alla sua ghianda ma impegnato a tappare le falle sulla parete di ghiaccio che sta scalando. S’apre un buco e vi infila una zampetta, poi sgorga un altro zampillo che attappa con l’altra, e così via sino a cercar di ingoiare uno scroscio d’acqua che lo gonfia, lo gonfia sino a spararlo via come un razzo impazzito. È presto ancora per vaticinare che il centrosinistra farà questa fine, con la Finanziaria a Palazzo Madama, però ieri i governativi sono andati sotto in commissione Difesa, a pari in quella Finanze e ce l’hanno fatta per un pelo nella commissione Affari costituzionali solo perché a sostituire Francesco Cossiga è toccato ad uno della maggioranza. Insomma, se non una debacle, quanto meno un calvario.
Non è crollato niente, va detto: perché l’unico voto davvero vincolante è quello della commissione Bilancio che ieri ha iniziato a lavorare sulla Finanziaria e nella quale l’Unione fa già muro pur mostrandosi «disponibile al dialogo» con l’opposizione. Ma il dato è politico, come suol dirsi, e ieri il centrosinistra non ha certo fatto una gran figura, scatenando oltretutto un gran putiferio ed un mare di polemiche. Passi per il voto della commissione Finanze, dove la situazione è di perfetta parità dall’inizio della legislatura, e dunque la finanziaria è stata licenziata senza alcun parere. Ma nelle altre due commissioni, si è visto di tutto e di più.
Partiamo dalla prima commissione, dove è iscritto Cossiga che avendo annunciato formalmente e clamorosamente la volontà di dimettersi anche da senatore a vita, ieri non si è presentato («Non vado a Palazzo Madama fino al voto in aula sulle mie dimissioni», ha promesso nuovamente il presidente emerito). Poiché Cossiga è iscritto al gruppo misto, va sostituito da un collega del suo stesso gruppo. Ma a decidere il supplente è il capogruppo, nella fattispecie il dipietrista Aniello Formisano. E chi volete che nominasse, pur potendo scegliere secondo coscienza? Uno della maggioranza ovviamente, Pietro Fuda. E grazie al voto di Fuda la Affari costituzionali ha espresso parere favorevole, con un solo voto di scarto. È subito montata la protesta dell’opposizione. «È stata coartata la volontà del presidente Cossiga», ha tuonato Roberto Castelli. «Una sostituzione politicamente scorretta, dimostra la fragilità di una maggioranza che al Senato deve appigliarsi a tutto», ha rincarato Renato Schifani. «Sostituzione illegittima», ha bollato Francesco D’Onofrio. «La maggioranza al Senato non è tale», ha stigmatizzato Altero Matteoli.
Se con la sostituzione di Cossiga - che prima di annunciar le dimissioni aveva proclamato l’astensione sulla Finanziaria - s’è realizzato il grottesco, nella commissione Difesa s’è visto l’indicibile, pur se gioisce il Cocer dell’Esercito che per voce del maresciallo Pasquale Varone ora proclama: «Stiamo con chi cancella il comma 252», quello che prevede una riduzione del 15 per cento sulle risorse per la professionalizzazione delle forze armate. Ma è andata così. Il presidente della commissione, l’ex dipietrista Sergio De Gregorio che s’è sganciato dal centrosinistra e si proclama “uomo libero”, aveva preparato un parere favorevole ma «condizionato», da votare unitariamente maggioranza e opposizione, affinché il governo preparasse un emendamento con maggiori stanziamenti per la sicurezza. Lidia Menapace, rifondarola, ha improvvisamente detto che si asteneva. Forza Italia, davanti a tal ritiro, ha allora detto che cadeva l’accordo per il voto bipartisan. Così, anche De Gregorio ha deciso di non dare parere favorevole.

E poiché era assente Manuela Palermi del Pdci, la maggioranza è finita battuta per un voto.
«Una testimonianza dolorosa ma necessaria», s’è poi difeso De Gregorio. «Ho fatto un pasticcio, ma non volevo», s’è difesa la Palermi. «Questi, si salveranno solo con la fiducia», profetizza D’Onofrio.

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