Alla fine resteranno i risultati, non le consorterie di Palazzo

Mantovano replica al dibattito aperto da Marcello Veneziani con cinque gite, in altrettanti luoghi della nostra Nazione: "Chi ha un pur minimo ruolo istituzio­nale è tenuto a rispondere con i fatti"

Alla fine resteranno i risultati, non le consorterie di Palazzo

Alfredo Mantovano

Caro Marcello Veneziani, alla tua riflessione su quel che resta della destra in Italia chi ha un pur minimo ruolo istituzio­nale è tenuto a rispondere con i fatti. Stavo per dire: con gli elen­chi, visto che sono tanto di mo­da. E allora, elenco cinque gite, che ti propongo in altrettanti luoghi della nostra Nazione (salto le nostre missioni all’este­ro: sarebbe troppo facile!): a cia­scun luogo corrispondono dei «fatti», cioè delle azioni di go­verno definibili «di destra», rea­lizzate da quando, con la costi­tuzione del Pdl, è formalmente scomparso il partito che si defi­niva «di destra».

Prima gita, a Casal di Princi­pe. Per farci raccontare da qual­che residente che cosa è acca­duto lì negli ultimi anni: contra­stare il crimine mafioso, estir­parlo dai territori nei quali è più innervato, colpirne le infiltra­zioni economiche, ridare fidu­cia a comunità prostrate indi­cando delle vie di uscita dal piz­zo, risponde o no al brutale «leg­ge e ordine» che ovunque con­nota chi si sente «di destra»? (se preferisci, ci sono interessanti alternative a Reggio Calabria, a Palermo o sul Gargano). Seconda gita, a Lampedusa. Per farci dire a quando risale l’ultimo sbarco di clandestini, e prima ancora quando è stata l’ultima volta che pescatori del­l’isola hanno trovato nelle loro reti cadaveri di poveri disgrazia­ti annegati per il naufragio di una carretta. Terza gita, a Pomigliano. Do­ve, col sostegno attivo dell’ese­cutivo, si è realizzata la sintesi fra gli sforzi di una grande azien­da che prova, per quanto può, a restare italiana, la responsabili­tà di una parte significativa di un sindacato che punta al lavo­ro e non ai privilegi. La fruttuo­sa collaborazione fra datori e prestatori di lavoro è più vicino al solidarismo «di destra» o allo smarrimento con cui il Pd vive la vicenda? Quarta gita, in una qualsiasi casa di cura o reparto ospedalie­ro in un momento in cui, nono­s­tante mille quotidiane difficol­tà, la prospettiva eutanasica non trova sponde né nel gover­no né nella maggioranza ( un go­verno che era pronto ad affron­tare una crisi istituzionale pur di salvare la vita di Eluana). La tutela della vita non è - grazie a Dio- una esclusiva della destra: ma di certo appartiene al suo «proprium». Quinta gita, a Bruxelles e din­torni. Dove cerchiamo quoti­dianamente di fare prevalere decisioni politiche, coerenti con l’identità italiana ed euro­pea, su diktat iperburocratici: dalla difesa «laica» del Crocifis­so, quale segno di civiltà, alla lotta contro l’eurocommissaria­mento delle politiche naziona­li, da politiche immigratorie più serie al buon senso nell’ap­plicazione del patto di stabilità. In questi 16 anni, sia che fosse all’opposizione sia soprattutto stando al governo, il centrode­stra ha provato a riaffermare nei fatti due principi: il primo, non viene dapprima l’Europa di Bruxelles, poi lo Stato, e quin­di i popoli, i territori, gli ordina­menti, le persone; la sequela è esattamente opposta, ed è pro­prio l’organica composizione dei diritti delle persone e delle comunità che legittima la sovra­nità dello Stato, che a sua volta decide sulla cessione di parte della sua sovranità a istituzione sovraordinate; il secondo, stret­tamente collegato al primo, l’azionismo non è più la guida seminascosta della politica ita­liana. Esso, con tutti i limiti pos­sibili, è da tempo sostituito da un collegamento stretto con le reali esigenze degli italiani: e questo contribuisce a spiegare la militante e continua guerra ad personam a quel Berlusconi, che ciò ha reso possibile. Caro Marcello, da ragazzo so­no cresciuto sentendo parlare di «maggioranza silenziosa» e del tradimento delle sue istan­ze a causa di un sistema politico bloccato. Poi, grazie all’oppor­tunità offerta da una forza politi­ca «di destra», mi sono trovato in Parlamento. Dopo qualche anno un Uomo anziano e vesti­to di bianco, rivolgendosi a chi fa politica, ha lamentato che «l’Occidente tenta sì in manie­ra lodevole di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più sé stesso; della sua propria storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro».

Proprio perché ha alle spalle un passato diffici­le e coraggioso, oggi la destra politica italiana è chiamata a metterci del suo, perché il no­stro mondo torni ad amare sé stesso. C’è tanto da fare e da la­vorare. Ma un lavoro che la de­stra in Italia può risparmiare a sé stessa è quello di cercare ca­sa. C’è l’ha già, ed è il Pdl.

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