La frana diessina

Stupisce nella vicenda Val di Susa e alta velocità come il vento di anarchia irresponsabile abbia iniziato a soffiare così forte improvvisamente. Sono anni che si discute del progetto, l'Italia ci ha messo la faccia. La rivolta si fa radicale solo all'ultimo momento, quello decisivo per far perdere reputazione e investimenti europei. Sorprende anche come la logica impazzita della protesta nasca innanzi tutto in casa diessina. Diessini sono presidente della Regione e sindaco di 0Torino che spingono per l'opera. Diessino (o comunque da sempre legato ai Ds) Gianni Rinaldini, segretario nazionale della Fiom che si dimentica di operai della Fiat e rilancio di Torino, e cavalca lo scontro. Diessino il segretario nazionale della Cgil che critica il segretario della Fiom. Naturalmente diessino il segretario regionale del partito, ma anche ex prestigioso dirigente di quella Fiom che oggi cavalca i No Tav della valle. Diessini tanti sindaci ribelli che non si sa dov'erano quando il loro partito presentò il programma regionale non ostile all'alta velocità. Piemontese il segretario Ds (un Piero Fassino che tra l'altro ha molto piemontesizzato il partito). Diessini i dirigenti della Cmc, la cooperativa impegnata a scavare il tunnel contestato.
Insomma Ds (e spesso piemontesi) i protagonisti fondamentali. Eppure non si vede traccia non solo di coordinamento ma neanche di confronto tra i vari soggetti. Molti di coloro che hanno avversato il Pci, hanno però sempre riconosciuto a quel partito una virtù: una volta che la linea politica era tracciata, arrivava l'organizzazione a metterla in pratica e a tenere insieme lo sfaccettato popolo comunista. Se si guarda all'esperienza del partito di Palmiro Togliatti, parecchi sono i rilievi critici che vengono subito alla mente. Ma la capacità di coesione appariva comunque una risorsa per le situazioni disperate. E non sempre solo per i puri interessi di partito. Si ricordi solo la risposta al terrorismo. Anche oggi quando anche eccellenti imprenditori e manager guardano ai diessini come a una classe dirigente affidabile, pensano soprattutto alla loro antica capacità decisionista, eredità di quando erano comunisti.
La vicenda Val di Susa rivela come la mitologica capacità di unificare spinte diverse, propria dei comunisti italiani, stia evaporando. I sindaci diessini della Valle che ritengono avvelenatori, disinteressati non solo ai cittadini ma anche ai loro lavoratori (immaginiamo che amianto e radon colpiscano anche chi trafora il tunnel) i dirigenti di una delle più grandi cooperative rosse, non mostrano più un'oncia di fiducia verso quelli che un tempo si consideravano «compagni». Così il dirigente fiommino che se n'impippa dei sindacalisti e operai diessini torinesi a cui serve l'alta velocità: sostenere il movimentismo più esasperato viene prima di qualsiasi solidarietà di partito. Inconcludenti, in questo contesto, appaiono i comportamenti dei diessini che hanno le massime responsabilità nella direzione del loro partito: dal presidente della Regione Mercedes Bresso a Fassino. Rivelano un partito che nella logica di raccogliere il raccoglibile pur di vincere, ha perso qualsiasi vera fibra politica. E questo dovrebbe essere l'asse della coalizione di centrosinistra.
Quel gazzettino antigovernativo che sembra essere diventata la Stampa se la prende innanzi tutto con le responsabilità del governo. Boh.

Mettendoci soldi, polizia, faccia, l'esecutivo Berlusconi sulla vicenda ha fatto il suo dovere sostanziale; anche se forse è vero che neppure Palazzo Chigi era preparato a un tale sbando nelle capacità di direzione dei Ds.

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