Francesca Amé
«Lento è bello. La fretta? È un virus che si annida nella vita di ogni giorno, ma che si può combattere». Parlare con Carl Honoré, giovane giornalista canadese di stanza a Londra mette di buon umore. Forse perché ti fa capire che, dopo tutto, la slow-solution, la via della lentezza, ti risolverebbe un sacco di problemi quotidiani.
Ma andiamo con ordine. Carl Honoré, che domani sarà in visita a Milano, è il pluripremiato autore di «...E vinse la tartaruga» un volume uscito ormai in 25 lingue diverse e tuttora tra i bestseller di mezzo mondo, Taiwan e Danimarca comprese. L'idea dell'elogio della lentezza venne ad Honoré in aeroporto: quando si accorse che stava per comprare un manuale per leggere in un minuto le fiabe ai propri figli, capì che qualcosa non andava per il verso giusto. Si prese allora un anno sabbatico - cosa, nel Regno Unito, assai più fattibile che da noi - e viaggiò per il globo alla scoperta delle «culture della lentezza», dallo Slow Food italiano alle arti marziali giapponesi. Con i suoi scritti è diventato un autore di riferimento per quanti intendono ripensare il proprio stile di vita: «La lentezza, in città come Milano o Londra, è una sorta di tabù culturale - spiega - eppure quante volte capita di avvertire il bisogno di staccare? Se non lo facciamo è solo perché ci vergogniamo: confondiamo la lentezza con la pigrizia». Il libro di Honoré uscì due anni fa: «Oggi mi sento più ottimista di allora - confessa - ci sono aziende che stanno sviluppando attenzione verso il valore della lentezza, comprendendo che il bombardamento giornaliero di messaggi, e-mail e telefonate non giova alla produttività. Anzi».
E se quindici anni fa a soffrire d'ansia erano solo manager rampanti, oggi tutti avrebbero bisogno di imitare la tartaruga che, come recita il noto proverbio, «va sano e va lontano». Bruno Contigiani, manager milanese nel settore della comunicazione, per capirlo ha dovuto passare attraverso un incidente personale che la buona sorte ha trasformato in uno stimolo al cambiamento: oggi continua a lavorare come consulente, ma da un anno e mezzo ha dato vita all'associazione culturale «Vivere con lentezza» che raccoglie un centinaio di soci. Il motto? «Il tempo è sì denaro, ma il denaro non è il tempo». Come a dire: personalizzare la propria esistenza, rallentare o fermarsi un attimo non solo è possibile, ma è addirittura strategico per le proprie realizzazioni. Nella vita e nel lavoro. A seguirlo in questo cammino che punta a coinvolgere sempre più una città come quella di Milano che soffre della «malattia della velocità» c'è Ella Ceppi Dell'Acqua, professione life-coach, che non è né una psicoterapeuta né una guaritrice miracolosa, ma una sorta di allenatrice dell'anima in grado di sviluppare le potenzialità di chi le si affida attraverso le tecniche più disparate come la meditazione, la lettura lenta, le passeggiate.
Allentare la pressione dall'esterno, concentrarsi sugli altri e non solo su se stessi, evitare atteggiamenti ossessivi sul posto di lavoro (leggi: frenesia, maleducazione, sacrificio eccessivo, vi siamo così assuefatti da non rendercene conto): la tartaruga ragiona in questo modo. E alla fine, come recita la favola di Esopo, taglia il traguardo prima della vanagloriosa lepre.
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