Se lItalia è la culla del provincialismo politico e letterario, al cospetto di Alberto Arbasino diventa provinciale perfino New York. Il suo America amore è un librone Adelphi di mille pagine con Liz Taylor in copertina, uscito per caso mercoledì scorso, lo stesso giorno in cui moriva Liz Taylor, quasi a farlo apposta, che culo.
Leggendolo dallinizio alla fine o spulciandolo random, dentro ci trovate tutta lAmerica: dalle stelle di Hollywood alle stalle delle periferie di Los Angeles (che è tutta una periferia), e personaggi come Henry Kissinger e Truman Capote, il liberale Schlesinger e lo storico Edmund Wilson, andando a spasso per Broadway, tra cinemini underground, teatri off e off-off, e aspettando il sabato del Village, in un Paese ossessionato dalle scale antincendio. Travasarsi da un reportage allaltro, da un anno allaltro, dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta, dallamore allamaro, con Alberto come Cicerone, è unavventura densa di illuminazioni e colpi di scena e tante «cose dellaltro mondo». Magari per scoprire che lesordio di Bret Easton Ellis non è altro che la versione yuppie degli indifferenti di Moravia (chi ci aveva mai pensato?), e che però «Less than zero è anche una guida efficace per le vacanze più intelligenti, di quelle proprio da non perdere. Basta seguire le sue continue indicazioni, che non sbagliano un colpo, e coincidono con quelle sempre raccomandate dai residenti di Hollywood». Il massimo delle scrittrici americane è Mary McCarthy, la Donna Brillante per eccellenza, una donna che «ha finito per redimere addirittura un intero cognome, ormai imbarazzante e quasi compromesso, dopo quel tristo senatore», tra molte altre donne brillanti minori «che trasformano Mein Kampf in Mein Camp e Homo Faber in Homo Fabergé».
Nessuno vi racconta Marshall McLuhan meglio di Arbasino, non solo il concetto secondo cui il medium è il messaggio che ormai cita pure Fabio Fazio, ma anche che «paravento per paravento, collage per collage, il super-collage di McLuhan più che un Trionfo dellElettricità potrebbe apparire come una réclame della Coccoina». Oltre a Bellow, Borroughs, Fitzgerald, Roth, Salinger, Updike, Ginsberg e Warhol e una sconfinata galleria di ritratti, incontrerete anche uno stralunato Jack Kerouac in persona, che forse è e forse non è il vero Jack Kerouac, il quale in ogni caso «ha comprato tanti rosari per la sua mamma; e si sa che quando il vero Kerouac scrive della mamma, De Amicis al confronto diventa Montaigne». E perfino Truman Capote forse è lui forse no, ossia come decadono i miti quando li guardate troppo da vicino: «la vocetta sembrava unimitazione e i contorni della faccia apparivano diversi, solo la statura era rimasta la stessa, molto bassa».
È un libro che, se partite per gli States, dovreste portarvi dietro al posto delle guide Touring e Michelin, e anche una buona ragione per non partire e restarvene a casa a leggere: contiene tutto quello che avreste voluto sapere sullAmerica e non avreste mai osato chiedere anche perché non vi sarebbe mai venuto in mente. Su e giù per la 101, sere a Berkeley e pomeriggi a Standford, una mattina a Davis e vacanze hawaiane sorvolando «altipiani nevosi, verdissimi, pieni di foreste e orridi e innumerevoli cascate imponenti, fra il regno di Ossian e quello di King Kong», tra luoghi e libri e gossip colti e inauditi, e per esempio chi, se non Alberto, così en passant, potrebbe mai tentare un parallelo tra la rappresentazione sentimentale della letteratura americana e il fanciullino di Pascoli? «Non dimentichiamo mai che questo è un ambiente dove gli uomini non sono mai troppo sicuri della propria identità e dei propri istinti; e non per nulla la letteratura che lo rispecchia non ha mai saputo produrre una Anna Karenina né una Madame Bovary, né comunque rappresentare convincentemente una storia damore adulto».
Nella rappresentazione amorosa non si salvano neppure i grandi: «Si tratta sempre di libri per ragazzi, da Fenimore Cooper e Stephen Crane ai racconti di Hemingway; e basta del resto guardare Huck Finn sulla zattera insieme a Nigger Jim, o Ishmael fra le braccia di Queequeg in Moby Dick, per capire tutto». Non resta che andare a Disneyland, ma mentre se uno di noi va a Disneyland vede solo Disneyland, se ci va Arbasino vi farà notare che ricorda «una nuova Villa Adriana (presso Tivoli), ispirata ai medesimi principi ideali e imperiali: riunire in un giovane parco i luoghi e gli emblemi delle storie e dei miti più desideranti sparsi nella Geografia e nella Fantasia dellUmanità». Oppure, riflettendoci bene: «Biancaneve e Pinocchio, Cenerentola e il Capitano Nemo, il Principe Azzurro e Topolino e la Strega Matrigna e Minnie, infatti, annunciavano già le scoperte delle scuole illustri di Lévi-Strauss e di Propp, e cioè che gli archetipi sono pochissimi».
Che meraviglia, insomma, questo nostro genio per cui tutto il mondo è un paese e ogni paese è un demi-monde, lui che sa tutto e scrive tutto come se niente fosse in un tempo in cui nessuno sa più niente, lui che vede tutto dallalto in basso, nostro grandissimo fratello dItalia e dAmerica, lunico e vero eroe dei due mondi, Arbasino amore.
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