Garante boccia Visco: illegali redditi online

L’Authority della privacy contro l’Agenzia delle entrate e l’ex viceministro: le dichiarazioni sono pubbliche, ma il Fisco non può diffonderle sul web

Garante boccia Visco: 
illegali redditi online

Roma - Una sorta di avviso di garanzia «amministrativo» è stato inviato ieri al direttore dell’Agenzia delle entrate, Massimo Romano. A notificare il provvedimento del Garante della privacy che conferma l’illegittimità della pubblicazione on line delle dichiarazioni dei redditi 2005, ci hanno pensato i militari delle unità speciali della Guardia di finanza diretti dal generale Walter Cretella. L’iniziativa del Garante, acquisita dalla procura di Roma, è prodromica all’iscrizione sul registro degli indagati dei protagonisti dell’«affaire fisco» anche perché dalle informative della polizia giudiziaria già emergerebbero precisi profili di responsabilità, il primo dei quali collegato all’autorizzazione alla pubblicazione degli elenchi su internet sottoscritta proprio da Romano. Il quale a giorni potrebbe essere anche chiamato a rispondere personalmente di un «danno» che la Corte dei conti (a cui il Garante si è rivolto) stimerebbe fra i 10mila e i 30mila euro. Riguardo all’insistente tam tam a palazzo di giustizia sull’avvenuta doppia iscrizione (di Massimo Romano e del viceministro all’Economia, Vincenzo Visco), questa è stata smentita dagli inquirenti. Che non si pronunciano sulla parziale ammissione di responsabilità da parte di Romano che, di fatto, «salverebbe» Visco dall’incriminazione. Nel dispositivo consegnato a Massimo Romano, il Garante osserva che al direttore dell’Agenzia delle entrate spetta «solo il compito di fissare annualmente le modalità di formazione degli elenchi delle dichiarazioni dei redditi, non le modalità della loro pubblicazione, che rimangono prerogativa del legislatore». Relativamente alle dichiarazioni dei 730 e 740, infatti, la legge prevede «solo e unicamente la distribuzione degli elenchi ai soli uffici territoriali dell’Agenzia e la loro trasmissione ai soli Comuni interessati e sempre con riferimento ai contribuenti residenti nei singoli ambiti territoriali». Quindi, l’inserimento dei dati in Internet, «appare di per sé non proporzionato rispetto alla finalità della conoscibilità di questi dati». Ragion per cui il ricorso alla diffusione on line avrebbe dovuto rendere indispensabili e rigorose garanzie a tutela dei cittadini. «L’immissione in rete generalizzata e non protetta dei dati di tutti i contribuenti italiani, visto che non sono stati previsiti filtri per la consultazione, ha invece comportato una serie di conseguenze» negative. La prima è che la centralizzazione della consultazione a livello nazionale «ha consentito a numerosissimi utenti, in ogni parte del mondo, di accedere a innumerevoli dati, di estrarne copia, di formare archivi, modificare ed elaborare i dati stessi, di creare liste di profilazione e immettere ulteriormente dati in circolazione, ponendo a rischio la loro stessa esattezza». Secondo poi, questo saccheggio «ha dilatato senza limiti il periodo di conoscibilità di dati che la legge stabilisce invece in un anno».

Stando a una prima analisi operata dalla Gdf, la pubblicazione degli elenchi dei contribuenti ha seguito un iter inusuale visto che ha «by-passato» le ferree procedure per la protezione dei dati personali, evitando di passare il vaglio del Garante, infischiandosene delle norme che vietano la diffusione delle informazioni sensibili attraverso internet a causa della possibilità di «mirroring», ovvero di copia e incolla su altri siti. In più l’Authority ha tenuto a specificare che va ritenuta «illecita» l’eventuale ulteriore diffusione dei dati dei contribuenti da parte di chiunque li abbia acquisiti, anche indirettamente, dal sito internet dell’Agenzia. Chi insiste nella diffusione potrà essere perseguito penalmente e civilmente. «Tuttavia - precisa il Garante - resta fermo il diritto-dovere dei mezzi di informazione di rendere noti i dati delle posizioni di persone che, per il ruolo svolto, sono o possono essere di sicuro interesse pubblico, purché tali dati vengano estratti secondo le modalità attualmente previste dalla legge». Quindi, vada per il vip ma non per il cittadino qualsiasi, e soprattutto vada per l’estrazione dei dati dagli elenchi comunali e non più dal web.

Detto ciò il Garante ordina l’immediata e definitiva cessazione «dell’indiscriminata consultabilità dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi per l’anno 2005». Detto, fatto. L’Agenzia fa sapere che si adegua. Con colpevole ritardo.

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