«Tornano» a Genova, dopo quasi cinque secoli, anche i tabarkini di Calasetta. Quelli di Carloforte, più conosciuti, li hanno preceduti di qualche mese. Ieri la Provincia di Genova ha conferito il titolo di settantesimo comune (onorario) genovese al Comune di Calasetta, nell'isola di Sant'Antioco (provincia di Cagliari). Analogo riconoscimento era andato, nel novembre del 2004, al Comune di Carloforte. Perchè le due cittadine, poste sue due isolotti separati da pochi chilometri di mare nell'arcipelago del Sulcis, nella parte sud-occidentale della Sardegna, hanno la stessa storia. Una storia che inizia nel 1541, quando Agostino, Francesco e Nicolò Lomellini, signori di Pegli (un borgo del Ponente, ora delegazione di Genova) promossero e organizzarono il trasferimento di un migliaio di cittadini di Pegli e dintorni nell'isola di Tabarka in Tunisia, con la prospettiva di dedicarsi alla pesca del corallo. Dal commercio dell'oro rosso del mare i Lomellini trassero ingenti risorse e ne sono prova chiese come quella dell'Annunziata e i loro sontuosi palazzi, tuttora presenti (5 solo a Pegli). Di questa situazione prospera beneficiò ovviamente anche la colonia pegliese, al punto che, agli inizi del Settecento, contava ben 2 mila unità.
Tra le varie comunità originate dalla diaspora dei Tabarkini sulle coste del Mediterraneo, quella di Carloforte è sicuramente la più numerosa, seguita da quella di Calasetta. Le altre destinazioni, Alicante e Nueva Tabarka, in Spagna, non hanno quasi più alcuna riconoscibilità, salvo qualche cognome di famiglia. I genovesi di Sardegna, invece, hanno conservato le loro tradizioni nella conformazione dell'abitato, fatto a carrugi come il centro storico genovese, nella lingua e nella cucina, che rimane sostanzialmente ligure. Spiccano per la loro genovesità la pasta cu pestu, maccaruin e curzetti, la capponata e la farinata.
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