(...) che si intitola Elogio del pomodoro, autore Pietro Citati, editore Mondadori, prezzo venti euro, copertina un quadro di Luis Melendez, Cetrioli e pomodori, custodito al museo del Prado, a Madrid.
Poi, una volta che avrete in mano il prezioso tomo, immergetevi in una lettura di questi saggi dello scrittore e critico letterario ed entrerete in un mondo. Un mondo che, a volte, vi sembrerà il vostro - ad esempio nelle pagine soavemente anticomuniste e antiluogocomuniste - mentre magari in altre pagine non vi riconoscerete o vi indignerete. Ma, in tutte troverete una qualità di scrittura eccelsa, qualcosa in cui perdersi, quasi lasciando sciogliere la lettura in bocca, come un piatto letterariamente prelibato.
Ma, al di là dello straordinario di livello di scrittura di Citati, è di altro che vogliamo parlarvi. Ad esempio, delle pagine dedicate allinfanzia e della bellezza di stare a guardare i nostri figli e i nostri nipoti che, senza saperlo, ci danno continue lezioni di vita. Credetemi, sono pagine che valgono il libro. Semplicemente, perchè parlano di vita.
E poi, le pagine «liguri». Il racconto delle infanzie di Citati a Cervo Ligure. Il racconto dei pomodori di Cervo, di cui si è già occupata nei mesi scorsi, riproponendoveli come se fossero pietanze sulle vostre tavole, la nostra Maria Vittoria Cascino. A partire dal racconto del cibo povero del barbiere poverissimo del centro della provincia di Imperia: «Il suo pranzo era sempre e soltanto il condijun ligure (che i liguri colti traducevano in italiano con condiglione): vale a dire, cipolla, basilico, peperoni, insalata, qualche oliva, qualche acciuga, e soprattutto POMODORO». Lo scrive proprio così Citati, tutto maiuscolo.
Ed è il racconto del pomodoro che dà il titolo al libro, così lontano dal pomodoro di oggi, uniformato e morto: «Non sanno di niente. Sono pieni dacqua, mentre i pomodori del mio barbiere venivano innaffiati da ruscellini magri e parsimoniosi». Invece, quel pomodoro: «era il frutto supremo del Mediterraneo: indorato, accarezzato, amato dal sole, che formava dentro di lui la polpa sostanziosissima, dove affondavo i denti, la pelle delicata, i semi, il profumo squisito, il colore, degno di Chardin e di Veronese. Quando lo mangiavo, ero penetrato dalla sostanza del sole, trasformato in una pianta».
Così come la lettura dellIliade e dellOdissea è in fondo (anche) la lettura di unenciclopedia, con il racconto di come si costruivano le reti o di come si cucinava un particolare tipo di carne, in mezzo alle battaglie o ai viaggi di Ulisse, così anche il libro di Citati racconta la bellezza attraverso una ricetta o un particolare apparentemente non proprio vitale, come la forma dei pomodori. E invece, come si scopre pagina dopo pagina, è molto più vitale di tante dichiarazioni di politici, su cui Citati ironizza soavemente in un articolo del 1994 che, come gli altri, fa parte della raccolta di saggi: «Come lettore di giornali, devo confessare la mia totale indifferenza per le opinioni del senatore Speroni sul cosmo, del ministro Fiori sulleconomia, dellonorevole Bindi sulle persone della Trinità, e persino di Massimo e Walter (così vengono chiamati) su qualsiasi tema».
E allora i pomodori di Cervo Ligure. «Oggi i pomodori sono morti, come è quasi morta la pittura. Spero che la morte della pittura sia temporanea, ma temo che quella dei pomodori sia irreversibile. I frutti che, in qualsiasi regione italiana, vengono portati in tavola, hanno quasi tutti la stessa forma: mentre il vero pomodoro ha forme diverse, complicate, con spaccature e screziature, e talvolta generosi aspetti barocchi, che piacevano ai pittori napoletani del diciassettesimo secolo».
Non sono impazzito, non più di prima almeno. Dentro questa storia dei pomodori cè il segreto di tutto, cè la vita. E, in fondo, è solo il preludio al racconto, un paio di centinaia di pagine più avanti, della bellezza della Liguria. Bellezza in qualche caso perduta: «Ricordo i primi anni del dopoguerra, quando, in un paese che mi è molto caro, la Liguria di Ponente - un bellissimo paese di pini, ulivi, scogliere, coltivazioni di fiori, ortaggi, un paese dove ogni minimo particolare era significativo, dove ogni oggetto era simbolico, dove ogni pietra aveva una storia piena di echi - giunsero i costruttori. Ignobili casamenti di otto piani sorsero a pochi metri dalla riva del mare: luno accanto allaltro, luno dietro laltro, come se ogni inquilino abitasse nei sogni dellaltro». Luoghi da difendere: «Lamore per i luoghi, dove siamo nati o dove il caso ci ha portato a vivere, e che abbiamo adottato come nostri. Ora siamo diventati quei luoghi: ognuno di essi è la nostra Itaca: non vorremmo scambiarla con nessunaltra».
Ecco - e ribadisco linvito ai nostri lettori, ma soprattutto ai candidati sindaci e a chi si presenterà per governare Genova - mi piacerebbe che in campagna elettorale si parlasse di Bellezza in senso leopardiano, dei nostri luoghi, della nostra vita. E che si parlasse anche dei pomodori.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.