Se anche a sinistra qualcuno si accorge che il marchese è nudo

Se anche a sinistra qualcuno si accorge che il marchese è nudo

(...) E Coletti l'ha fatto anche domenica scorsa nella sua rubrica Liguria Italia, dove ha raccontato una manifestazione No Tav contro il Terzo Valico, con una chiarezza e una visione lucida che mi piacerebbe condividere con voi, con ampie citazioni dell'articolo. Lascio parlare il prof, perchè dice tutto: «Pensando ai giovani manifestanti, mi sono chiesto se questi ragazzi non sono già figli della recessione, non solo economica, ma anche culturale e sociale. Come è possibile, mi sono domandato, che un giovane possa restare indifferente alla possibilità di raggiungere Milano in un'ora, Roma in tre o Parigi in cinque, con tutto ciò che questo comporta in termini di facilità, economicità, familiarità con città e paesi diversi da quello in cui abita, condizione essenziale per vivere attivamente il suo tempo?».
La domanda è ottima, la risposta spesso sconfortante. E non certo per colpa di Coletti: «Mi stupisce che i giovani genovesi non avvertano come un'inaccettabile minorità lo svantaggio che hanno rispetto ai loro coetanei delle altre grandi città collegate dall'Alta Velocità. Mi chiedo allora se l'indifferenza a questo problema non sia già il frutto della loro appartenenza a una cultura della recessione, di serie B, che pensa in piccolo, si chiude tra le pareti di casa propria e per consolarsi si illude che queste coincidano col mondo, mentre in realtà il mondo si sta allontanando da esse a tutta velocità. Non vorrei che fossero già rassegnati a lavori stanziali e di basso profilo, avendo rinunciato a quelli più gratificanti che richiedono scambi e spostamenti continui, incontri e confronti». E non risparmia nulla, giustamente, Coletti, non «la pronta credulità nelle leggende metropolitane che fanno immaginare a ogni trivellazione chissà quali e quanti pericoli e veleni», «mi sembra segno di una sottocultura incipiente, in cui il dato oggettivo viene sostituito da racconti più o meno fantasiosi, alimentati da una società impaurita, che del cambiamento, del progresso, vede più gli inconvenienti che i vantaggi».
L'analisi è impietosa, ma è un fermo immagine sulla Genova di oggi. E ce n'è anche per il sindaco, persona perbene e seria, ma: «La colpa che imputo a Marco Doria è di essere troppo accondiscendente, per non dire istigatore di questa cultura della crisi, di assecondare una preoccupazione prodotta dalla recessione, invece che il coraggio richiesto dalla speranza di miglioramento. Sono il primo a desiderare che l'uomo non si venda la bellezza, il paesaggio, l'ambiente, la serenità in nome del progresso. Ma so che senza progresso l'uomo non saprà che farsene di paesaggio e serenità, perchè il suo futuro sarà occupato dall'angoscia di tirare avanti e neanche saprà che farsene della bellezza, perchè non avrà più la cultura per coltivarla». Insomma, finalmente c'è uno, Coletti, che ha il coraggio di dire, con l'innocenza di un bambino, che il re è nudo. Anzi, nell'occasione, che il marchese è nudo.
Su, su, fino alla conclusione. Da intellettuale vero pure questa. E non solo per la citazione da italianista: «Dante denunciava l'indolenza di chi vuole meno di quello che è possibile, giudicandola altrettanto e più grave dell'ardimento di chi vuole di più. Genova può cadere in un'ignavia collettiva, diventare vittima delle sue paure più che protagonista delle sue speranze e condannarsi a uscire dalla rete del mondo moderno».


A fine articolo, c'è il copyright con la scritta «Riproduzione riservata». Ma divulgatelo il più possibile. Il copyright della saggezza è contagioso e non si chiede che colore ha la maglia di chi la porta avanti.

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