Gheddafi torna ad attaccare Misurata

Poche ore dopo il nuovo monito di Muammar Gheddafi («rimarrò a Tripoli, vivo o morto») un altro diluvio di bombe è piovuto sulla capitale libica, con i jet della Nato che hanno sganciato nel complesso oltre 80 ordigni nelle ultime 24 ore, la gran parte nell’area del compound di Bab el-Aziziya che ospita la residenza del Colonnello. La risposta militare di Tripoli non si è fatta attendere, e all’alba di ieri i soldati di Gheddafi hanno lanciato una imponente offensiva contro Misurata, la città martire a 200 chilometri a est della capitale tornata sotto un intenso bombardamento di artiglieria e missili Grad che hanno provocato 12 morti e 35 feriti tra i ribelli.
Secondo il New York Times, i raid Nato di queste ore, probabilmente a colpi di bombe a penetrazione anti-bunker, hanno devastato un’area di circa un ettaro all’interno del compound, distruggendo sei o sette edifici principali. Il regime ha denunciato 31 vittime civili, ma i reporter stranieri, portati sui luoghi dei bombardamenti, hanno verificato solo una vittima «civile», un cadavere rinvenuto tra le macerie.
A Misurata l’intenso bombardamento, con razzi e artiglieria, «è iniziato alle 5 del mattino», ha raccontato al Guardian uno dei ribelli feriti nei combattimenti nelle strade della città. Un’ora dopo l’inizio del lancio di razzi, tra i duemila e i tremila soldati di Gheddafi hanno scatenato un’offensiva di terra, riuscendo ad avanzare per quasi tre chilometri verso l’interno della città a bordo di pick up e altri mezzi. Poi sono stati fermati dalle armi. Secondo i ribelli, le forze di Gheddafi hanno patito numerose perdite: «Abbiamo sparato molto, ho visto almeno 70 corpi a terra», racconta un ribelle reduce dal fronte, che si trova a un paio di chilometri dal porto di Misurata.
Intanto, la richiesta del segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen ai Paesi alleati che finora non hanno partecipato alla missione militare in Libia di fornire un contributo concreto non ha sortito effetti positivi. Da quando la Nato ha preso le redini delle operazioni militari in Libia, alla fine del marzo scorso, solo nove Paesi partecipano in modo effettivo ai bombardamenti: otto membri dell’Alleanza (Italia, Belgio, Canada, Danimarca, Usa, Francia, Norvegia e Gran Bretagna) più gli Emirati Arabi. Spagna e Belgio hanno inviato aerei per la missione, ma non partecipano direttamente ai raid su bersagli al suolo. La Turchia si limita alla sorveglianza radar.

Sono almeno 12 i Paesi della Nato che non forniscono a Unified Protector alcun contributo. Il caso più eclatante è rappresentato dalla Germania: e nonostante le pressioni esercitate anche dagli Usa, Berlino non intende rivedere le proprie decisioni.

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