Giallo nel Vicentino, ammazzata coppia di anziani

Il sito «Most Wanted» mandato in tilt dai visitatori,che possono fare denunce anonime

Marino Smiderle

da Enego (Vicenza)

Due persone buone, Domenico Miola, di 83 anni, e la moglie Angela Valle, di 79. Due persone buone ammazzate a colpi di bastone, forse di accetta. «Con violenza e crudeltà inaudite», racconta Giacomo Guzzo, l’uomo che ha scoperto per i primo i cadaveri dei coniugi, nel porticato della casetta dove vivevano, a Enego, un paesino di duemila anime dell’altopiano di Asiago. Due persone buone che, a settembre, avevano festeggiato i 50 anni di matrimonio con tutto il paese.
Perché qualcuno ha voluto ammazzare queste due persone buone? E chi mai poteva volere la loro morte? Bisogna arrampicarsi fino a via Coste di Qua, una frazione del già piccolo centro di Enego, per capire che qui tutti si conoscono. Ogni mattone di queste case ha una storia e le famiglie vivono quasi in simbiosi, si aiutano e affrontano le difficoltà insieme. Qui nessuno sa dare risposte. «Non si può fare una cosa del genere - continua Guzzo -. Sono entrato in casa, ho visto le luci accese, era tutto sottosopra. Sono sceso e ho visto come avevano ridotto i coniugi Miola. Mi è venuta la febbre, dopo aver visto quella scena».
L’incubo comincia l’altra sera, verso le 19. Uno dei figli, Tiberio Miola, chiama i genitori ma nessuno risponde. Alle 21 Sira, allarmata perché i genitori non rispondevano al telefono, decide di contattare Claudio Guzzo, un vicino. «Per favore vai a vedere cosa è successo a casa dei miei perché nessuno risponde. Sono preoccupata».
Guzzo va subito a casa Miola e, vedendo le luci accese e le finestre aperte, intuisce il peggio ma non ha il coraggio di entrare. Chiama il cugino, Giacomo Guzzo, che, verso le 21,30, decide di entrare, facendo così la macabra scoperta.
Si comincia da qui, dalle 21,30 di giovedì sera. La furia usata per uccidere i due anziani lascia perplessi. Omicidio d’impeto, lo definiscono i carabinieri. Motivo? Ecco, questo pare essere il punto. L’efferato delitto potrebbe essere stato scatenato dai 2.000 euro prelevati dalla coppia per pagare una cucina a gas e una stufa a pellet, portati a casa proprio giovedì mattina. La ferramenta di Enego dove sono state acquistate non era stata ancora pagata e può essere che i coniugi siano andati a fare il prelievo alle poste proprio per saldare il debito. L’omicida li ha visti, oppure lo sapeva, e ha teso il mortale agguato. È entrato in casa e li ha finiti senza pietà, con un bastone, o un oggetto pesante trovato sul posto, prima di fuggire portando con sé i soldi.
Ipotesi. Nulla di certo. Però altri motivi per voler male a questa coppia non se ne vedono proprio. Lui è stato anche sindaco del paese, negli anni 60, oltre ad aver esercitato per tanti anni la professione di tassista. Lei è stata invece una maestra stimata e amata. Una coppia perfetta, senza alcuna ombra. Gente che ha lavorato una vita e ha fatto studiare i figli, Pierantonio fa l’ispettore forestale a Tarvisio, Flavio è vice primario di chirurgia al San Bortolo di Vicenza, Sira l’insegnante, Tiziano e Tiberio sono infermieri. Una grande e bella famiglia precipitata all’improvviso in un incubo pazzesco. Gli inquirenti hanno parlato con i vicini: nessuno ha sentito un grido, nessuno ha notato alcunché di sospetto. Ecco perché si è diffusa la psicosi delle rapine in villa, la paura delle bande di albanesi che hanno sconvolto il nord Italia negli ultimi anni. I carabinieri, però, non paiono convinti. L’assassino ha lasciato varie tracce. Se è uno del posto, verrà scoperto presto. Se è un clandestino, sarà molto più dura. Gli inquirenti non si sbilanciano, ma non sembrano dare molto credito alla pista che porta alle bande di albanesi. Ritengono improbabile che criminali di quella risma abbiano scelto questa modesta casetta in altura, ai confini tra Veneto e Trentino-Alto Adige, per i loro raid. E poi tutto si è svolto nel tardo pomeriggio, tra le 18,30 e le 21.

Nessuno vuole credere che l’assassino sia di Enego, ma dalla dinamica del duplice omicidio sembra si possa dedurre che le vittime conoscessero l’omicida e che per questo lo avessero fatto entrare in casa. Una fiducia che è costata loro la vita.

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