"Giocare coi numeri ci porterà fuori dalla crisi economica, parola di matematico"

John Nash è qualcosa di più di un Nobel. È un matematico puro, ma le sue teorie si applicano all’economia, al marketing (le ha usate persino la Coca Cola per sbaragliare i concorrenti), alla politica, alla biologia e allo sport. È un accademico, ma è noto al grande pubblico. Studia complesse leggi matematiche, ma la sua vita ha ispirato un film. In mezzo c’è la malattia, che si chiama schizofrenia e che alla fine degli anni Cinquanta è curata con l’elettrochoc. Dopo un lungo isolamento, grazie all’assunzione di nuovi, adeguati farmaci, oggi ha una vita «normale», se mai questo aggettivo abbia senso riferendosi a un uomo così. Perché John Nash è a beautiful mind, una mente meravigliosa e una vita straordinaria. Classe 1928, natali in West Virginia, è alto e magro, vestito con sobrietà, così diverso dal personaggio interpretato da Russell Crowe nel film di Ron Howard che gli ha regalato notorietà e la migliore delle terapie: l’attenzione degli altri.
Ieri pomeriggio per l’uomo che «viveva congelato in uno stato di sogno, un fantasma che vagava per Princeton scarabocchiando lavagne e studiando libri religiosi» (racconta Sylvia Nasar ne Il genio dei numeri) hanno dovuto installare un megaschermo. Troppe erano le persone giunte ad ascoltare la sua conferenza in uno dei più attesi appuntamenti di Bergamoscienza (fino al 18 del mese, www.bergamoscienza.it). Perché ieri- ed è questa la notizia - dopo mezzo secolo di silenzio, John Nash ha presentato i suoi nuovi lavori, un aggiornamento sulla «Teoria dei Giochi» che gli valse, nel ’94, il Nobel per l’Economia.
Professor Nash, la matematica può aiutarci a uscire dalla crisi economica?
«Per me è difficile in questo momento fare delle previsioni. Direi che ci stiamo avviando verso una progressiva normalizzazione rispetto alla crisi e peraltro sono già state trovate diverse soluzioni per affrontare questo periodo. Vorrei aggiungere che è normale, nel ciclo economico, trovarsi di fronte a un’alternanza di crisi e di ripresa. Al di là del panico che c’è stato, ci sarà una ripresa anche questa volta».
Torniamo ai numeri: lei è stato uno studente del prestigioso ateneo di Princeton e ancora oggi si reca lì quasi ogni giorno.
«Oggi non direi più che è suggeribile studiare matematica in certi college americani... Ritengo che lo studio di questa disciplina sia fondamentale, basilare, ma per accedere ad altre specialità. Un giovane matematico dovrebbe avere la flessibilità di entrare e di operare anche in altri ambiti».
Molta della sua notorietà la deve al film A beautiful mind di Ron Howard che ebbe grande successo e quattro Oscar. Le è piaciuto?
«Non ho certo guardato il film come se fosse un divertimento, ero troppo coinvolto. Inizialmente devo ammettere che non l'ho apprezzato».
Significa che poi ha cambiato idea?
«Ho capito che era difficile spiegare e mettere in scena la mia malattia in maniera precisa.

Comunque il film di Howard dal punto di vista artistico è un ottimo prodotto. Mi ha anche permesso di avvicinarmi al mondo del cinema».
In che senso?
«Sono stato coinvolto anche nella sceneggiatura del Codice da Vinci e di Angeli e Demoni».

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