Giustizia, ora il Quirinale vuole la riforma

Giustizia, ora il Quirinale vuole la riforma

Roma Esternazioni esorbitanti; coinvolgimenti ingiustificati di terze persone nei provvedimenti giudiziari; rientro in magistratura dopo incarichi politici: tutti comportamenti che, secondo Giorgio Napolitano, macchiano l’immagine di «terzietà» delle toghe. Mancano troppo spesso le doti di «misura, correttezza e riserbo» e certe condotte «disorientano i cittadini, innescano periodicamente spirali polemiche e acuiscono molteplici tensioni».
È durissimo il primo intervento del Capo dello Stato al nuovo Csm, di cui è presidente. E contiene un appello al parlamento perché colmi i «vuoti legislativi» nel sistema delle sanzioni disciplinari disegnato dalla riforma Mastella del 2006. Oggi l’organo di autogoverno non può intervenire in casi del genere anche solo con trasferimenti d’ufficio. Non però un intervento teso a promuovere la responsabilità civile delle toghe, come il Quirinale si è premurato di precisare con una nota in serata.
Il presidente della Repubblica si augura che il governo e le Camere mostrino «la massima fermezza nel reagire alle resistenze» alle riforme sulla giustizia. Il «rasserenamento» del clima tra politica e magistratura, allontana il rischio che ogni riforma finisca in un «vicolo cieco». E non va sprecata l’occasione per «ammodernare» il sistema. Anche se manca un anno alla fine della legislatura e se è stato «opportuno» iniziare dalle carceri con legge ordinaria, per il Capo dello Stato non va abbandonata l’idea di una riforma costituzionale. «Si vedrà cosa sarà possibile fare», dice.
La «dialettica più costruttiva» tra le forze politiche consente poi di incidere su questioni prioritarie come la lotta alla corruzione, sulla quale non basta la «vigilanza» della magistratura, servono nuove norme.
Napolitano denuncia l’opposizione alla «imprescindibile» revisione delle circoscrizioni giudiziarie. Parlamento e governo, raccomanda, non devono cedere a «pressioni» e «paletti» di alcuni «intraprendenti parlamentari che sventolano vessilli di territorio e di santuari intoccabili». La riforma è ritenuta «indispensabile» dal precedente e dall’attuale governo, dal Csm, dalla magistratura e dal parlamento. Ma prevalgono «esitazioni» e «vischiosità» per l’«esasperazione dei particolarismi». Ci ha provato prima Francesco Nitto Palma e ora l’attuale Guardasigilli Paola Severino: Napolitano dice chiaro e tondo da quale parte sta.
Poi, c’è la stoccata alle correnti che pesano sulla scalata ai vertici degli uffici.

Basta, dice Napolitano, a nomine «condizionate da logiche spartitorie e trasversali, rapporti amicali, collegamenti politici». Ma alt anche ad un «improprio sindacato» dei giudici amministrativi, che «lede il potere decisionale del Csm».

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