Teodora Poeta
da Chieti
Il sogno di indossare la divisa si realizza solo dopo una tragedia familiare. Entrambi i genitori morti, sette anni prima, in un grave incidente stradale. E così arriva la solitudine. Ma grazie alla vicinanza della sorella Rosaria, tutto va per il meglio. Poi, la decisione di partire per la missione di pace a Nassirya, nonostante il consiglio del nipote, anche lui un militare, di non andare. «Glielo avevo detto - racconta con le lacrime agli occhi -. Io ci sono stato qualche anno fa ed ho visto. Ed è per questo che ho tentato di fargli cambiare idea. Evidentemente, però, era questo il suo destino». Un destino triste, che ha tolto la vita a Franco Lattanzio, una delle tre vittime italiane dellattentato di Nassirya, a 38 anni. Era partito per lIrak anche per mettere insieme quei 30mila euro che gli avrebbero consentito di comprarsi una casa. Una casa vera che non fosse la sua, seppur amata, caserma di Chieti. Lattanzio era nato a Pacentro, un piccolo centro a pochi chilometri da Sulmona di quasi 1.300 abitanti, che si trova in provincia di LAquila, noto per essere il paese dorigine della pop star Madonna. Maresciallo capo dei carabinieri, era in servizio, ormai da otto anni, al Nucleo operativo del comando provinciale di Chieti, dove viveva in uno degli alloggi di servizio perché scapolo. Per la missione in Irak era partito il 3 dicembre, ma aveva già deciso di rientrare in Italia nei prossimi mesi. «Era un ragazzo bravissimo sia sul piano professionale, sia a livello umano, e siamo veramente addolorati per la sua scomparsa», commenta, con la voce spezzata dalla commozione, il comandante regionale dei carabinieri, il generale Giovanni Antolini, in visita alla caserma di Chieti, ieri mattina. «Lho conosciuto e lo ricorderò sempre con grande affetto - aggiunge il comandante provinciale, il colonnello Goffredo Bernini, a Chieti da meno di un anno -. Spiccava sugli altri per le sue capacità e non è retorica. Alle 8.01 abbiamo saputo dellattentato dal televideo. Ero con gli uomini nella centrale operativa. Ne abbiamo uno solo lì, ho pensato. Ma possiamo stare tranquilli perché lui non corre i rischi di chi sta in pattuglia. E, invece, dieci minuti dopo...».
Lattanzio, in Irak, svolgeva attività di addestramento ed è stato ucciso nel tragitto che dalla sua base porta al luogo in cui avrebbe dovuto tenere i corsi alla polizia locale. A Chieti, nel nucleo operativo del comando provinciale, dal quale dipendeva, Lattanzio era considerato «quello che si muoveva meglio nelle indagini sul luogo del reato - come sottolinea Bernini -. Un ragazzo che ha lavorato sempre con la massima dedizione. Un militare la cui specializzazione lo poneva al vertice di accertamenti scientifici particolari e di certi tipi di analisi. Era, infatti, il braccio operativo del Racis». I colleghi lo ricordano con grande affetto, anche perché «era sempre pronto a dare una mano a tutti». Tra questi cè anche il luogotenente Giuseppe Ottalagana, che riesce a stento a trattenere le lacrime. «Lultimo ricordo che ho di lui risale alla sera in cui è partito - dice -. Ci siamo visti in caserma e lui era motivato e felice di partecipare alla missione di pace. Poi, ci siamo salutati ed abbracciati. Ed è questo il ricordo che di lui voglio conservare. Ho quellimmagine stampata in mente, come se fosse adesso». Lex comandante provinciale, il colonnello Ugo Sica, lo ricorda per la sua generosità e disponibilità: «Era sempre il primo a dare una mano, uno dei più attivi». Anche a Vasto i carabinieri ricordano Lattanzio, distaccato in quella sede per mesi perché impegnato nelle indagini per lomicidio Scutece. E anche a Vasto commozione, lacrime e sofferenza per laccaduto.
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