«Una gomma, una matita e distruggo New York»

Nato a Peccioli, un paesino in provincia di Pisa e non ha mai visto una guerra, ma i suoi disegni sono considerati il simbolo di un conflitto iracheno entrato nell’immaginario collettivo dell’America. Si chiama Riccardo Burchielli, ha 33 anni e da quando lavora a Dmz è uno dei disegnatori di fumetti più richiesti.
Com’è iniziata?
«Nella maniera più semplice, quelli della Dc Comics hanno visto i miei lavori e mi hanno chiamato».
La tua vita è cambiata?
«Non giro in Porsche, ma se entro in un negozio di fumetti ad Hong Kong conoscono il mio nome e confesso fa piacere».
Tu stai a Firenze, lo sceneggiatore Brian Wood a New York come fate a lavorare?
«È come fare un film, lui mi manda la sceneggiatura e un po’ di documentazione, io trasformo il tutto in immagini saccheggiando internet e libri».
A cosa t’ispiri?
«Dmz è una satira dell’Irak. La guerra civile americana in Dmz scoppia per il malcontento di alcuni Stati che insorgono contro l’esercito e contro chi ha speso i soldi della nazione per le guerre all’estero. Abbiamo lettori anche tra i soldati in Irak. Molti di loro ci scrivono dicendo che la serie è simile alla realtà. Uno di questi il sergente John G. Ford, ha scritto l’introduzione del quarto volume di Dmz».
Il tuo personaggio preferito?
«Matt, il protagonista, lui è come me, è un ragazzo spensierato che si ritrova di botto nel mondo brutale della Dmz... deve diventare adulto in fretta e dimostrare le sue capacità. A me è capitato così nel mondo dei fumetti».
Hai mai pensato di disegnare una guerra vera?
«Ci ho pensato spesso... vorrei provarci per tornarmene a casa con un reportage a fumetti... ma non saprei da dove cominciare».


I film su Irak e Afghanistan sono tutti un fiasco mentre i fumetti conquistano il pubblico, perché?
«Il fumetto è un grande mezzo di comunicazione capace di arrivare dritto al cuore del suo pubblico, un mezzo di comunicazione senza intermediazioni, agile e dai costi limitati. Hollywood per fare un film deve affrontare spese spaventose e non può permettersi di sbagliare. A me per distruggere New York e farla risorgere bastano una gomma e una matita».

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