Due ottobre duemilaundici. Ore nove e trenta. Dunedin, isola del sud della Nuova Zelanda. Terra di pecore, ma anche di pinguini. Terra de «Il signore degli anelli». Per tutti patria del rugby, una vera e propria religione da quelle parti dove si vive nel mito degli All Blacks. Niente di meglio per lItalia che proverà a riscrivere la sua storia ai mondiali dellovale, entrando per la prima volta tra le migliori otto.
Nulla sarà più come prima dopo gli ottanta minuti di domenica contro lIrlanda. Davanti a Parisse e compagni si schiuderanno le porte della leggenda oppure si parlerà di unaltra grande incompiuta. Un gruppo quello dei Bergamasco, di Castrogiovanni, di Masi, di Canale, che ha segnato la svolta di questo sport e che ora è chiamato al salto di qualità. Una Nazionale fatta di giocatori che hanno abbattuto barriere andando a confrontarsi in campionati professionistici importanti, Francia e Inghilterra, e di tanti naturalizzati. E che ora non può sbagliare una sfida che vale una vita. Sportiva.
Nulla sarà più come prima perché il condottiero, Nick Mallett, dopo lavventura mondiale, saluterà tutti. Dimissionario, ma capace di costruire un grande gruppo, la cui dedica per leventuale impresa sarà banale ma sentita davvero. Già pronto il successore, il francese Jacques Brunel. E soprattutto il movimento sarà chiamato a un ricambio generazionale importante, anche se già si affacciano nuovi talenti interessanti. Ma quella di domenica è la «Grande Occasione».
Non sarà facile. Come nel 2003, il Galles, e nel 2007, la Scozia, cè una britannica di mezzo sulla strada dei quarti di finale. Stavolta di fronte cè quellIrlanda, che non battiamo da 14 anni (15 sconfitte di fila). In più ha fatto limpresa superando lAustralia e quindi giocherà per il primato nel girone, che gli riserverebbe un avversario abbordabile. Ma in fatto di motivazioni noi non siamo da meno. Perché questa è una partita che «aspettiamo da quattro anni», il mantra degli azzurri. Da quella sfida con la Scozia a Saint Etienne persa 18-16, ultima partita con tanto di meta di Alessandro Troncon. Proprio ieri era lanniversario. E Tronky, oggi assistente di Mallett per i trequarti, non può dimenticare. Ma assicura: «Stiamo crescendo, siamo pronti. Dovremo osare. Mettere punti quando saremo in attacco e produrre gioco. Dovremo prenderci le nostre responsabilità, sarà la partita della morte». I Verdi fanno paura, insomma, sono favoriti, ma solo sette mesi fa, il 4 febbraio, hanno rischiato grosso facendoci piangere solo per un drop di OGara a 3 dalla fine. Un precedente che può mettergli dubbi.
«Bicipiti, cosce e il fondoschiena» di Parisse e compagni hanno già spodestato quelli dei calciatori nellimmaginario delluniverso femminile. Ora i muscoli azzurri devono far sognare in campo.
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