«Grazie a tutti i miei allenatori, tranne uno»

Capello replica: «Gli auguro di tornare il giocatore che era». Stoccata a Moratti: «Se avessi parlato...»

nostro inviato a Madrid

Una stilettata a Fabio Capello, una stoccata a Moratti e al mondo Inter. Ronaldo rossonero, camicia bianca, jeans e giaccone nero, si congeda così da Madrid e dall’inferno del Real, così si presenta all’altra Milano che mastica amaro e delira di tradimenti. Due piccoli petardi esplodono nel pomeriggio spagnolo occupato per intero dalla notizia del suo trasferimento, maturato per la cronaca, alle ore 17, l’ora preferita dai toreri nell’arena. Alle 17.04, quattro minuti dopo la firma in calce al contratto che lo porta nelle braccia di Ancelotti per i prossimi diciotto mesi con la promessa di un rinnovo, anno dopo anno, tutto da verificare e da scandire («guarda Maldini e Costacurta, giocano a 40 anni, se ti comporti come loro non ci sono problemi» la promessa di Galliani), si celebra l’evento. Ci sono cinque turisti italiani con i telefonini spianati a riprenderlo, oltre al piccolo esercito di cronisti, nessuno col volto mesto, i loro sguardi s’accendono solo a parlare e a chiedere di Kakà («ma quanto costa?»).
Ronaldo si presenta all’ingresso principale del Santiago Bernabeu per il rapido congedo. Affronta con quel faccione spaurito da pulcino bagnato telecamere e microfoni per dettare la sua prima intervista da ex madridista più che da milanista. «Sono stato benissimo quattro anni qui a Madrid, mi incanta ancora giocare al calcio» comincia e sembra l’inizio di un grande rimorso che si trasforma invece in un feroce atto di accusa nei confronti dell’attuale Real. «Ringrazio tutti gli allenatori con cui ho lavorato volentieri, tutti tranne uno» sottolinea e non c’è bisogno di chiedergli lumi per identificare la sagoma di «quell’uno», spunta un mascellone pronunciato all’orizzonte, è lui, si tratta di don Fabio qualche minuto prima intervenuto con un giudizio tagliato con l’accetta («gli auguro di tornare il giocatore che era») per ricambiargli l’ostilità. «Adesso che vado via parto per affrontare una grande sfida da vivere con la maglia del Milan» aggiunge con lo sguardo rivolto all’aereoporto dove l’aspetta il jet privato prenotato dall’agente Fabiano e dai due legali che lo scortano come guardie del corpo.
C’è un’altra ferita che sanguina e che forse è il caso di suturare. Ronaldo provvede al volo con una dichiarazione meno diretta. «In molti si sono approfittati del mio silenzio, del fatto che negli ultimi tempi non ho parlato per non rovinare la conclusione positiva del mio trasferimento» è la frase che viene messa sul conto a Moratti e agli interisti. Già, Moratti, l’amico di una vita. Ronaldo hai sentito Moratti? gli chiedono inutilmente i giornalisti italiani. «Gracias» ripete un paio di volte prima di ritirarsi dietro un cancello elettrico. «Da domani ho un altro dichiarato obiettivo e non intendo certo distrarmi» promette.

Dentro gli uffici del Bernabeu Adriano Galliani gli ricorda il primo appuntamento di questa mattina a Milanello, con J.P. Meesserman responsabile del piano di rilancio fisico di Ronaldo. «E adesso Ronie, corri, corri all’aeroporto» l’esortazione del dirigente milanista. Corri, Ronaldo, corri. Nessuno, a Milano, può aspettarti troppo.

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