Grecia, l’allarme di Juncker: «A rischio gli aiuti dell’Fmi»

Quando Jean-Claude Juncker parla della Grecia è sempre meglio tener le dita incrociate. Dopo la proposta di una ristrutturazione soft del debito ellenico, fortemente contrastata dalla Bce, il presidente dell’Eurogruppo ha colto ieri l’occasione di una pausa durante i lavori del G8 a Deauville per sganciare un’altra “bomba“: il Fondo monetario internazionale potrebbe non concedere più aiuti ad Atene, a cominciare dalla prossima tranche di prestiti per un ammontare di 4 miliardi di euro, fondamentale per onorare le scadenze di giugno ed evitare la bancarotta del Paese. Si tratta dei prestiti erogati insieme alla Ue (che entro giugno dovrà sborsare 8 miliardi) nell’ambito del piano da 110 miliardi. Dichiarazioni che hanno innervosito i mercati, con le Borse europee tutte in flessione (-0,71% Milano) e con l’euro sceso fino a 1,4065 dollari.
Juncker si è detto pessimista sull’esito della missione degli 007 di Ue, Bce ed Fmi, in corso ad Atene: «In base al suo statuto - ha detto Juncker - il Fondo può concedere un finanziamento solo a fronte di garanzie su un periodo non inferiore ai 12 mesi. E penso - ha ammesso - che si arriverà alla conclusione che queste garanzie non ci sono». Che non si tratti di preoccupazioni infondate lo dimostrano le parole della stessa portavoce dell’Fmi, Caroline Atkinson, pronunciate da Washington: «Noi concediamo finanziamenti dopo aver concordato con il Paese interessato le necessarie misure di risanamento e dopo aver constatato che sono disponibili anche altre fonti di finanziamento. Solo in questo modo possiamo salvaguardare i soldi dei nostri membri».
Difficile dire se l’impuntatura sia in qualche modo riconducibile al nuovo corso che il Fondo si appresta a inaugurare con la quasi certa nomina del ministro francese delle Finanze, Christine Lagarde, dopo le dimissioni forzate di Dominique Strauss-Kahn.

Di sicuro, Atene sembra aver poche carte da giocare per dimostrare i progressi compiuti sulla via del risanamento, mentre sale la tensione sociale (nuovi scontri ieri nella capitale) e il governo deve parare i colpi portati da chi, come la commissaria europea Maria Damanaki, non esclude un’uscita dall’euro e un ritorno alla dracma.

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