Ci sono un canadese e un cinese. Il cinese indica la stella sulla maglietta del canadese e domanda: «Bandiera del Vietnam?». Il canadese annuisce, e per farselo amico commenta: «In Canada abbiamo i comunisti dentro il governo». Il cinese ride forte, poi smette di colpo e confessa: «Io ho paura dei comunisti».
Non è una barzelletta. È una delle scene di vita quotidiana di Shenzhen (Fusi orari, pagg. 152, euro 16), reportage a fumetti che racconta i tre mesi passati nella megalopoli cinese dal disegnatore Guy Delisle nel 1997. Si tratta del secondo episodio della serie inaugurata con Pyongyang, di cui ripropone il tono tra lumoristico e il meditativo. La città, situata poco lontano da Hong Kong e da Canton, viene descritta in piena trasformazione. Per misurare il tasso di crescita - il più alto al mondo, allepoca - basta prendere i palazzi che salgono al ritmo di un piano al giorno. La spinta del capitalismo è inarrestabile, ma si accompagna a ununiformità e a una desolazione difficilmente immaginabili per chi abita in Occidente. Il visitatore ne è disorientato, subisce uno choc culturale che riesce a malapena ad affrontare solo grazie a una salutare dose di ironia.
Le abitudini sono completamente diverse, la mentalità praticamente impenetrabile. Anche il livello professionale di gran parte dei colleghi dellautore è deludente. Del resto, viene da dire, se le prestazioni costano tanto di meno, un motivo ci sarà pure. Dopo il primissimo impatto con il grigiore architettonico, a colpire Delisle è lassenza di divertimenti. Fa eccezione lo shopping, che però offre solo prodotti di lusso. I bar sono pochissimi e per di più difficilissimi da scoprire, per via delle difficoltà di comunicazione. Difficoltà insormontabili malgrado la costante compagnia di un traduttore che ti segue perfino in bagno, e malgrado gli sforzi di un usciere che ti saluta ogni giorno in un modo diverso, ma sempre con frasi fuori luogo.
Unici conforti sono i viaggi in pullman e in treno e le mangiate in ristorantini scovati andando a zonzo. Solo con i camerieri si riesce a instaurare qualcosa di simile a un rapporto umano, ma si è costretti a ingegnarsi per trovare forme di comunicazione non verbali. Ma non è sufficiente. Lo spaesamento e la solitudine diventano a tal punto intollerabili che il visitatore incomincia a parlare e a ridere da solo. Lambiente asfittico stimola in lui riflessioni sulla libertà. I ricordi letterari riaffiorano e la sua fantasia lo porta a paragonarsi a Laika, la cagnetta lanciata nello spazio dai sovietici nel corso della prima missione spaziale.
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