HAITI La trilogia della vendetta

Un libro scritto in segreto e fatto circolare in forma semiclandestina per sfuggire alle persecuzioni

HAITI La trilogia della vendetta

Accade a volte che il tempo riesca a cancellare le tracce. Lo sperano i malvagi, i bugiardi, i dittatori. Ma a volte, se verità e bellezza fanno fronte comune, il tempo non basta. Con Marie Chauvet e il suo romanzo Amore Rabbia Follia, rieditato in Francia nella passata stagione con straordinario successo e ora tradotto anche da noi (Bompiani, pagg. 394, euro 18), non sono bastati quarant’anni. Forse Legba e i suoi houngan - il padre degli dèi voodoo e i suoi sacerdoti - hanno protetto quelle pagine dal maldiocre, il malocchio, gettato su di esse fin dalla loro creazione. E hanno permesso a questa saga familiare impastata con il sangue, la violenza, la passione e la dittatura haitiani di tornare in vita, squadernarsi di fronte a noi europei e dirci che la letteratura ha settanta volte sette vite.
Marie Vieux-Chauvet - questo il nome scelto per la riedizione postuma dell’opera - iniziò a scrivere Amore Rabbia Follia nel 1964, sulla scia del dolore provato dopo i «Vespri di Jérémie», la città haitiana in cui, le teste tagliate di chi si era battuto contro «Papa Doc» vennero offerte al dittatore. Se quell’evento ne fu il detonatore, ad accendere la miccia della rabbia di Marie fu l’arresto di un parente, portato via dai tonton macoutes. La figlia della scrittrice racconta che quella notte Marie piantò un vecchio pugnale al centro della tavola d’acacia urlando: «Un giorno si è cacciatori, un giorno prede!», sancendo così la sua sete di vendetta. Dopo di allora, altri tre suoi nipoti vennero giustiziati dal regime.
In sei mesi, reclusa in camera ad Haiti, rifiutandosi di ricevere chiunque, nel segreto più totale, la Chauvet scrisse la prima stesura del romanzo. Sua figlia Régine, la depositaria dei suoi scritti, oggi racconta che la madre detestava stare alla scrivania e che scriveva sdraiata sul letto, con la testa poggiata su una mano, la matita nell’altra, interi libri. Ad Haiti, ormai, non c’era più nessuno che le volesse bene: le due figlie partite, i poeti del circolo Haiti Littéraire partiti, restava solo Marie in quell’isola di orrore. A scrivere. Si sdraiava e scriveva, quella bellissima mulatta ultracinquantenne.
Si sdraiava e scriveva e sfogava la sua rabbia, ma anche il suo amore, contro quella città, Haiti, in cui «malgrado la rovina, malgrado la miseria» vi era ancora tanta bellezza: «I rami secchi delle piante di caffè si tingono in lontananza di riposanti tonalità pastello», dai fondali sale l’odore di alghe e una volta alla settimana riecheggia la sirena della nave americana, «la sola ad attraccare oggi nei nostri porti».
Così, in quell’esilio voluto, tra le quattro mura di una camera, Marie finì il romanzo e poi partì anche lei per la destinazione d’esilio imposta dall’inasprirsi del regime dittatoriale: New York.
I primi momenti furono durissimi: un matrimonio che naufraga, la dipendenza economica, l’incertezza. Poi s’innamorerà di un americano, si risposerà e verrà a contatto con la ricca società newyorchese, che voleva studiare e sfruttare per i suoi romanzi. Ma quella felicità durerà troppo poco: a 57 anni Marie muore per un tumore al cervello.
Sarà il suo romanzo più ardito e importante a sopravviverle a lungo, tre storie, tre sentimenti inarrestabili, ammalianti e fieri come il sangue che in quei giorni scorreva per le strade di Haiti: l’amore, la rabbia e la follia. L’Amore di tre sorelle il cui splendore e la cui fierezza verranno travolte dallo stesso uomo. La Rabbia di un’anima candida costretta alla prostituzione per salvare la famiglia dai macoutes. La Follia di un uomo che si perde nell’alcool e in uno stato di semi-coscienza, in cui il suo «stomaco ospita un motivo jazz», rievoca un passato perduto per sempre. E tra le maglie delle storie, i temi cari alla Chauvet: la tirannide, i conflitti di razza e di classe, la repressione sessuale, la violenza sulle donne.
Nel 1968, Simone de Beauvoir si innamorerà follemente di queste tre storie, tanto da consigliarne a Gallimard la pubblicazione. Marie Chauvet ha già scritto due pièce teatrali e quattro altri romanzi e Gallimard non esita: la trilogia che a tutt’oggi viene considerata uno dei cardini della letteratura haitiana - il «maitre-livre» del periodo Duvalier - esce, scatenando le ire di «Papa Doc». Il dittatore è furibondo e minaccia rappresaglie contro quel poco che resta della famiglia di Marie ad Haiti.
Pierre Chauvet, marito della scrittrice, informato da un diplomatico haitiano, rientra d’urgenza a Port-au-Prince, acquista tutte le copie già presenti in libreria e le distrugge. Dalla Francia, Marie chiede invece a Gallimard di sospendere la distribuzione.
Amore Rabbia Follia, però, continuerà a circolare clandestinamente: sotto forma di fotocopie o di copie rilegate alla meglio, dopo la morte dell’autrice continuerà a vivere una vita propria, nei Caraibi, negli Stati Uniti e in Canada. I figli di Marie acquisteranno le giacenze e le metteranno in vendita «con discrezione» fino ad esaurimento, nel 2000, in una libreria di Haiti e in una di New York.

Nel resto del mondo, però, il libro è rimasto irreperibile finché due anni fa in Francia non si è deciso di rieditarlo. E rimettere così nelle mani di Marie quel vecchio pugnale infisso nella tavola d’acacia: il pugnale con cui verità e bellezza si vendicano sul tempo e sui malvagi.

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