Cronaca locale

HARDING alla Scala Suoni d’amore e di morte

I Sinfonici impegnati a esplorare Wagner, Webern e Strauss

Elsa Airoldi

Riecco la Filarmonica della Scala. Sempre la stessa, si tratti dei Sinfonici Scala o della Stagione della Filarmonica. All'indomani della trionfale e commovente apertura dei Filarmonici, nelle mani vergini e infiammate del venezuelano Gustavo Dudamel, i Sinfonici riprendono il cammino con l'inglese Daniel Harding.
Altra baby bacchetta, 30 lui e 25 Gustavo. Altro pupillo di Abbado che gli affida la Mahler Chamber Orchestra. Con la differenza che Gustavo è lanciatissimo ma agli inizi della grande avventura, laddove Daniel è in carriera da una quindicina d’anni (nel '96 era già ad Aix-en-Provence con Abbado e il Don Giovanni di Peter Brook). Tra le medaglie più clamorose anche l'inaugurazione dell'attuale stagione scaligera.
Le due personalità - latina una e anglosassone l'altra - non potrebbero essere più diverse. Tutto cuore Gustavo: mille riccioli neri neri nati dall'impegno sociale di Antonio Abreu. Lucidità, oggettività, velocità, precisione, padronanza e "affetti" criptati Daniel, trentenne pallido e minuto che gira in jeans e t-shirt e tifa Manchester.
Domani (con repliche il 13 e 14) Harding, abbadiano vero quanto Gustavo lo è per contrasto, torna dunque al Piermarini. Impegnativo l'impaginato, che apre pacato e intimo con il Siegfried-Idyll, l'Idillio dedicato da Wagner alla moglie Cosima nel 1870. Scelta forse non casuale. Dal momento che subito dopo tocca a Anton Webern, l'allievo di Schönberg che in epoca pre-schönberghiana firma un Idillio di carattere wagneriano, Im Sommerwind.
Subito dopo tuttavia l'autore si lascia alle spalle la tonalità tradizionale, e già nei programmati Sei pezzi op. 6 del 1909 trova se stesso nel discorso prosciugato e nell'esaltazione dell'attimo intriso di pregnante espressività. Diretta da Schönberg a Vienna nel 1913 l'op. 6 evidenza l'intensità di particolari che trasformano le intuizioni timbriche in veri e propri suoni interiori.
Da rapportare alla morte della madre i Sei pezzi (attesa, certezza, illusione, marcia funebre e ricordo) erano intitolati Marcia funebre. Il processo di scarnificazione è poi pianamente affermato nella Fuga a sei voci dall'Offerta Musicale di Bach (1934-35). Dove il metodo dodecafonico diventa un sistema che verga pagine radicali e ascetiche, con le linee del contrappunto bachiano spezzate e affidate frammento per frammento a strumenti diversi che onde sottolinearne differenza e articolazione. Celeberrimo Tod und Verklärung (morte e trasfigurazione) op.24, il poema sinfonico di Richard Strauss che chiude. Diretto dall'autore a Eisenach nel 1890 il brano è accostato a una poesia di Alexander Ritter (in realtà scritta a stesura musicale compiuta). Le parole dicono le ultime ore di un uomo che muore rivivendo il suo passato.

La musica si snoda tra il battito febbrile dal polso del morente (archi e timpani) e i quaranta misteriosi colpi di tam-tam che introducono il tema della trasfigurazione.

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