I divieti delle Cinque Terre li vedono solo i tedeschi

Maria Vittoria Cascino

da Monterosso (Sp)

Mentre la Bild grida all’Italia dei divieti, la tv nazionale tedesca fa un blitz nel Parco nazionale delle Cinque Terre per accertarsi che le regole, qui, vengano rispettate davvero. Strani questi tedeschi. Che si scandalizzano della nuova «cattiva» abitudine italiana di vietare il topless o il gioco del pallone in spiaggia e guardano con ammirazione teutonica al disciplinare dell’Area marina protetta del Parco. Con regole e restrizioni cui attenersi. Precise e motivate. Apprezzate a tal punto da suscitare dubbi sulla reale applicazione.
Perché il sospetto che gli italiani predichino bene e basta, gli è venuto a questi tedeschi. Tant’è. Meglio toccare con mano che quelle zone A, B e C in cui è divisa l’Area non colorino solo la carta. Con quel po’ po’ di terra che vanno a penetrare e marchiare. Patrimonio dell’Unesco e di quegli uomini che mica le mollano le terrazze di pochi metri coltivate a zucchine e pomodori, ritagliate nelle salite e discese. Che odorano di fichi e basilico. Quello scuro e forte, tra terra e mare.
Telecamere alla mano filmano tutto e ascoltano la gente. Roba da tedeschi, quelli teutonici. Le aree ci sono e i tesserini che ne regolamentano l’accesso anche. Non fa una piega, ma la leggenda metropolitana che il bagno non lo fai se il tesserino non ce l’hai s’infila in quei vicoli stretti e s’amplifica. Da Monterosso a Riomaggiore, da Punta Mesco a Capo Montenegro. Nelle due oasi, area A, riserva integrale, è vero, ci entrano solo residenti e parenti in primo grado. Che tradotto vuol dire balneazione controllata e divieto di pesca. «Ma quanti potranno andare lì? - spiega Cesare, nato a Manarola e residente a Genova - È un percorso da escursionisti preparati. È bastato che vietassero l’accesso indiscriminato per dar voce ai bastian contrari». Nell’area B, riserva generale, a ridosso delle due oasi, ci vanno i residenti in senso lato, ossia chi è nato nelle Cinque Terre, chi ci risiede da almeno dieci anni e i proprietari di seconda casa. Nell’area C, riserva parziale, che tira dentro tutto il resto per venti chilometri di costa, si può fare il bagno ma non pescare. La pesca sportiva viene riservata ai residenti in senso allargato e quella subacquea è vietatissima. Vietato agganciare cernie e nacchere. Aragoste rosse, cicale e astici meno ne peschi meglio è. In barca nella zona B non si possono superare i 5 nodi, e nella zona C i 10. Ai battelli di linea sono concessi i 15, ma il Parco sta già pensando di farli marciare a biodiesel. Niente pescherecci e le navi superiori ai 24 metri non possono accedere alla riserva, che per estensione fa il paio con i 4200 ettari della terra del Parco. Niente ancoraggio nella zona A, limitato nella B. Nella C sono state piazzate un buon numero di boe per l’ormeggio. A Vernazza è attivo un servizio di barca-navetta che porta la gente a terra e sono già state posizionate le boe intelligenti. Ad oggi semplici boe, ma dal 2006, dotate di codici, consentiranno di prenotare l’ormeggio via internet.
Antonio è seduto fuori dalla porta, il bastone in mano. Via Telemaco Signorini ricomincia a salire. Ha la faccia bruciata dal sole, Tonio, e due fessure che stringono spilli. Gli chiedi se è di Riomaggiore, fa cenno di sì. Gli chiedi se pescava. «Adesso ci vado con la canna e due ami. Mica come quelli che arrivavano con le strisce da dieci che era come prenderci in giro. Il tesserino a qualcosa è servito». Forse a far stare più larghi i pescatori delle Cinque Terre. «Ma sa quanti ami abbiamo perso impigliati nelle reti a strascico delle barche che ci piombavano addosso? - s’intromette Guido, che ha qualche anno di meno e per mare ci va ancora -. Reti che si portavano via tutto e devastavano il fondale». Va be’, lui è di parte, ma i tesserini per andare di qua o scendere di là, con o senza canna, con o senza residenza, con o senza fidanzato, un po’ di polverone l’hanno sollevato. «I turisti che arrivano qui sono in un’area protetta e sanno che devono rispettare le regole. È più facile che si lamentino quelli abituati a fare i loro comodi in questo mare». I residenti hanno incassato bene e si adeguano. Perché è vero che per avere il tesserino d’accesso devi dare le tue generalità a chi ti conosce da una vita, ma è tutto gratis e in tempo reale. Chi poi fa la classica giornata alle Cinque Terre, con sali e scendi di borgo in borgo, degustazione tipica, tuffo dalla prima spiaggia a tiro di stazione, di tesserini non sa nulla. Se si fermasse tre giorni, magari presso un affittacamere (mica abusivo, se no niente autorizzazione) potrebbe chiedere la tessera per l’area C.
Ai tedeschi è proprio piaciuta la storia delle A, B e C. Ci hanno infilato il naso e capito il meccanismo. Sottile. Acuto. Sulla distanza. «È un momento di grande responsabilità - spiega Franco Bonanini, presidente del Parco -. Non possiamo andare oltre certe dimensioni. Con questo coefficiente di visitatori, giovani e di ogni parte del mondo, siamo al limite di soglia. Dopo, parte la spirale negativa. I tesserini sono un modo per monitorare l’afflusso nelle Cinque Terre. A Punta Mesco c’è una boa oceanografica che rileva le condizioni della riserva. Noi incrociamo i dati delle presenze con lo stato di salute dell’habitat, per capire quanto margine di accoglienza ci resti». È il cannocchiale rovesciato. «C’è una selezione culturale. Viaggiamo sui circuiti delle più prestigiose università americane e australiane, abbiamo il turista escursionista, che se va a Punta Mesco sa come muoversi e cosa cercare. Sa che a cinque metri di profondità trova specie che normalmente vivono a quindici». Intuisci allora il perché dei corsi di naturopatia, riflessologia plantare e avifauna. O quello di ricamo. Mentre i tesserini diventano una goccia nel mare di queste Cinque Terre raccontate per 25 pagine sulla guida-cult Italy 2005 di Rick Steves, con tanto di foto in copertina. Che mica si fanno abbagliare da questo Eldorado.

Che sanno che i sentieri sono viottoli di campagna ed esistono perché quella campagna è coltivata. In passato erano 1.400 ettari, oggi arrivano a 500. Un piccolo tessuto sociale che sostiene una grande economia, la loro polizza sul futuro.

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