Luca Rocca
Sono stati loro a uccidere Francesco Fortugno, o almeno così sentenzia il verdetto di primo grado al processo per lomicidio dellesponente della Margherita e vicepresidente del consiglio regionale calabrese. «Loro» sono Alessandro Marcianò, il figlio Giuseppe, il killer materiale Salvatore Ritorto e Domenico Audino: tutti e quattro meritevoli del carcere a vita per lagguato del 16 ottobre del 2005, nel seggio delle primarie dell'Unione a palazzo Nieddu, lungo il corso di Locri. Con loro sono stati condannati per associazione mafiosa, a pene più lievi, anche gli esponenti della cosca Cordì. Esulta la Dda di Reggio Calabria, che vede premiato il suo sforzo. Ma se da un lato si chiude uno dei capitoli più tragici e oscuri della politica nazionale e calabrese, dallaltro restano irrisolti dubbi e misteri. La Corte d'assise di Locri, infatti, accogliendo quasi per intero le richieste della procura antimafia basate essenzialmente sulle parole dei due pentiti Domenico Novella e Bruno Piccolo (questultimo suicidatosi in circostanze oscure) ha però assolto i due Marcianò, considerati i mandanti operativi dellomicidio, dallaccusa principale che faceva da collante allintero impianto accusatorio: lassociazione mafiosa. Decisione sorprendente perché di fatto stravolge la tesi accusatoria sin qui seguita, basata, tra laltro, proprio sullappartenenza dei due Marcianò alla cosca dei Cordì. E ancor più sorprendente se si pensa che in una recente condanna al pentito Novella, i due Marcianò emergevano, al contrario, quali organici alla famiglia della ndrangheta locale.
La sentenza che doveva fare chiarezza su mandanti ed esecutori del delitto Fortugno, che simpegnava a disvelare il secondo e terzo livello (politico), che aveva il compito di sancire se lesponente della Margherita era stato fatto fuori perché rappresentava il cambiamento, appare lacunosa. In un fazzoletto di terra dove non si muove foglia che la ndrangheta non voglia, secondo la decisione del tribunale, i due mandanti-Marcianò avrebbero organizzato e disposto lomicidio a titolo esclusivamente personale. E lo avrebbero fatto utilizzando esponenti della stessa cosca, come appunto il killer Salvatore Ritorto. Ma cè di più. I mandanti-Marciano avrebbero agito per fare un favore a Domenico Crea, candidato della Margherita nelle elezioni regionali del 2005, ripescato dopo la morte di Fortugno ma mai indagato per lomicidio in quanto sarebbe stato alloscuro dellassassinio. Se i Marcianò, comè stato sancito dal tribunale, non hanno agito per le cosche, e se appare incredibile che nel giorno delle primarie dellUnione, davanti a un seggio elettorale, sia stato commesso un omicidio così «importante» solo per favorire un amico-candidato che non sapeva dellomicidio, la domanda da porsi è se non abbia ragione la vedova Fortugno, Maria Grazia Laganà, che in lacrime, dopo la lettura della sentenza, ha chiesto che si vada fino in fondo per «raggiungere gli alti livelli».
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