Paolo Marchi
L’avevo mangiato a ottobre a Parigi, all’Astrance, rimanendone stregato, un piatto che seguiva, in un lungo menu degustazione, i momenti di mare, una indivia calda al caffè e crema di cioccolato bianco in perfetto equilibrio tra le sue note amarognole, la terrosità del caffè e la dolce cremosità del cacao. Cos’era? Un contorno o un primo dolce? Pensai a una sorta di stacco tra pesce e carne. E due settimane fa ecco l’autore, Pascal Barbot, spiegare a San Sebastian, al congresso del Mejor de la Gastronomia, i motivi che l’hanno spinto a pensare a quella preparazione per poi battezzarla Dessert-Non dessert, un ponte tra due momenti salati ben distinti, un cammino da percorrere per passare con armonia da una sogliola a una lepre.
Non solo: perché i dolci devono sempre chiudere un pasto? Risposta: per lasciare la bocca dolce, ed è verissimo nella sua assoluta banalità, ma viva chi sa armonizzare i vari istanti, chi non strappa, chi non ricorre a violenze come il famigerato sorbetto di vent’anni fa che uno lo mandava giù e rischiava la congestione. In Spagna i fratelli Adrià così come Jordi Butron (il suo Espai Sucre a Barcellona è addirittura un restaurant de postres), Barbot ora così come un Alajmo da noi arrivano a decontestualizzare le varie ondate che alla fine non sempre riesci a collocarle tutte per bene nelle classiche caselle. «Cambia il gusto riuscirci?», si chiede Barbot e con ragione.
E allora ecco che il terzo volume curato da Identità Golose, il primo congresso italiano di cucina e dessert d’autore, www.identitagolose.it, esplora la faccia a tutto zucchero del pianeta gola. I dolci dei Grandi Chef, grandi perché la storia è scandita dai migliori, è da loro che scaturisce la qualità assoluta, certo non dalla quantità che solitamente è sinonimo di banalità e grigiore. Dopo il primo volume dedicato a dieci relatori dell’edizione 2005 e il secondo che martedì scorso ha presentato dieci relatori dell’edizione 2006 di Identità Golose (a Milano, dal 29 gennaio al 1° febbraio), tra 48 ore sarà la volta, sempre al prezzo di 6,90 , di dieci pasticcieri o quasi.
Questo quasi è lì a mo’ di avviso perché in italiano in pratica non abbiamo un equivalente efficace per pastry-chef, per il cuoco che in un ristorante si occupa del dessert. Lo si chiama in pratica pasticciere come quello per i prodotti da forno e da banco, per il negozio dove la domenica per un papà è una gioia portare i figli a deliziarsi con cannoncini e bignè. Ma i dolci da ristorante hanno peculiarità completamente diverse: sparite le torte, uccise dalla fantasia liberata dalla nouvelle cuisine, vanno creati e consumati al momento, se non altro perché sono il trionfo delle creme, che più passano i minuti più si siedono. È inutile pensarli perché resistano freschi per diverse ore dietro la vetrina. E ancora: un dessert che chiude una cena va trasportato per pochi metri, non va imprigionato in una confezione per portarlo a casa. E può senza patemi prevedere la presenza di sorbetti e gelati, lampi che svaniscono al terzo boccone.
Questo ricettario, del quale ho curato i testi mentre le foto sono di Francesca Moscheni e il coordinamento di Barbara Carbone, ha l’ambizione di fare un punto sui vari modi di intendere il pianeta dolce seguendo le ricette, quaranta in tutto di dieci pasticcieri provetti: Loretta Fanella, giovanissima campana che, dopo una importante esperienza da Cracco-Peck a Milano, da due anni (e per uno ancora) è tra i responsabili della pasticceria del Bulli a Rosas in Catalogna. Corrado Assenza, relatore lo scorso anno a Milano e relatore pure il prossimo, è il patron del Caffè Sicilia a Noto. Un anno fa ha stregato con Spaghetti bolliti in acqua e miele e sposati a scampi marinati a loro volta nel miele. Anche in questo caso abbiamo avuto un personaggio che non sapeva bene dove collocare la sua creazione. Per la pasta sarebbe dovuto essere un primo, ma quando si è mai vista una pasta dove il miele nell’acqua bollente ha sostituito il sale? E allora eccolo rispondere che può essere un piatto unico come l’apertura di un pasto dai toni dolci, vedi magari un seguito nel segno della caponata.
Quindi pasticcieri fatti e finiti come Cristian Beduschi il cui astro splende su Cortina d’Ampezzo, Luigi e Alessandro Biasetto che fanno altrettanto a Padova al pari di Luca Mannori a Prato e Iginio Massari a Brescia. Proprio quest’ultimo è il riferimento per tutti coloro che, ancora giovani ma già animati da ottime intenzioni, decidono di occuparsi di pasticceria e non di cucina andando però oltre le misere preparazioni da panetteria (i pasticcieri considerano i panettieri dei pasticcieri mancati e, in tal senso, quando un fornaio va oltre il pane quotidiano sono quasi sempre tristezze). Poi ecco Gianluca Fusto che, dopo diverse esperienze in ristoranti top, uno per tutti: Il luogo di Aimo e Nadia a Milano, si è legato a uno dei massimo produttori di cioccolata di qualità, la Valrhona, diventando una colonna della sua scuola di alta pasticceria e come tale presente a Identità Golose 2006 quando martedì 31 gennaio Dossier Dessert celebrerà una completa carta dei dolci per la ristorazione. Ernst Knam è un mito dell’area milanese: titolare dell’Antica Arte del Dolce, laboratorio dove ha sfornato alcuni capolavori come la Torta cioccolato e pere piuttosto che quella alle mele e rosmarino, si è tuffato da poco anche nel mondo del gelato creando Giolito, un gelato artigianale che deve i suoi segreti e la sua bontà a una collaborazione nata e sviluppatasi in Svizzera. Infine due cuochi “salati” che si declinano in dolce: Enrico Cerea, numero uno di Vittorio a Brusaporto (Bergamo), e Riccardo De Prà, titolare della Dolada a Pieve d’Alpago nel Bellunese.
Nota bene: chi non avesse trovato i primi due ricettari nella sua edicola o chi vuole essere sicuro di trovare i prossimi, chiami lo 02.8566484, è il reparto distribuzione del Giornale. Potrà così prenotarli facendoseli spedire all’esercizio a lui più vicino.
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