I Musei Vaticani scoprono un vero Correggio. Due anni dopo Sgarbi

Oggi a Roma Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, e Nadia Stefanel, direttrice della Fondazione «Il Correggio», presenteranno in una solenne conferenza stampa una grande scoperta. Ossia che il Cristo in gloria facente parte del trittico di Santa Maria della Misericordia in Correggio, oggi esposto ai Musei Vaticani, è da attribuirsi in maniera definitiva ad Antonio Allegri detto il Correggio (1489-1534). Verrebbe da dire «Che scoop!». In realtà il dipinto era già stato con certezza attribuito al Correggio da Vittorio Sgarbi che a suo tempo aveva denunciato lo scandalo di escludere l’opera dalla grande mostra che Parma dedicò al pittore nel 2009 e curata da Lucia Fornari Schianchi (mostra nella quale era esposta invece una copia spacciata come un vero Correggio, di proprietà del mercante d’arte Clovis Whitfield, lo stesso che ha scoperto il Sant’Agostino di Caravaggio al centro di recenti polemiche). E lo stesso Paolucci, che oggi presenterà il Cristo in gloria come un vero Correggio, ai tempi non ne riconobbe l’autenticità. Complimenti. Ecco cosa scriveva Vittorio Sgarbi sul Giornale il 26 gennaio 2009.
Spiace registrare nella mostra di Parma dedicata al Correggio l’incredibile assenza di un’opera certa del pittore, respinta dal comitato scientifico. Mi riferisco a un capolavoro misconosciuto, ma documentatissimo, il Cristo in gloria, scomparto sopravvissuto del trittico dell’Umanità di Cristo per la chiesa della Confraternita di Santa Maria della Misericordia in Correggio. Certamente originale e certamente dell’epoca, come attestano i vistosi pentimenti, il Cristo in gloria è classificato come opera di maniera nell’augusta sede in cui è pervenuto dopo alcuni passaggi dalla famiglia Gritti all’antiquario Armano, alla collezione Marescalchi di Bologna, dove era tenuto «come originale» come risulta dall’incisione del correggese Giuseppe Asioli. Mantenendo fede in questi dubbi, il comitato della mostra di Parma non ha ritenuto di esporre il dipinto \.
Il dipinto della Pinacoteca Vaticana è l’originale e fu riconosciuto per tale meno di un secolo dopo dalla sua esecuzione dal pittore novellarese Jacopo Borboni. Da allora (1612) a oggi, il dipinto non risulta né copiato né sostituito, ed è quindi quello commissionato al Correggio. In tempi recenti soltanto Nora Clerici Bagozzi e Mauro Lucco hanno riconosciuto l’autenticità e la conseguente autografia dell’opera ed è per questo che, nella certa identità con l’originale, risulta senza senso l’ipotesi che si tratti di una copia «carraccesca» \.
Parimenti la composizione appare coerente con la poetica del Correggio, ma anche in relazione alle opere raffaellesche e alla piccola pala di Giulio Romano, detta La Deesis e i Santi Paolo e Caterina, dipinta per il monastero di San Paolo a Parma, ed esposta in mostra, dove sarebbe stato possibile un utile e istruttivo confronto \.
Allo stato della questione e nonostante la prudenza rinnovata, ma anche attenuata dai Musei Vaticani, l’opera è certamente l’originale di Correggio.

\ Ci sarebbe da chiedersi come sia possibile che un’opera senza storia, con una volatile attribuzione di uno studioso, e di proprietà di un pur prestigioso mercante d’arte, sia preferita a un’opera di certa provenienza e appartenente a uno dei più grandi musei del mondo che pure la cataloga con comprensibile prudenza.

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