I nuovi stiliti di Scimone

Di fronte a uno spettacolo come «Pali» di Spiro Scimone (autore e interprete) e Francesco Sframeli (regista e interprete), non si può che restare sorpresi. Tanto più se già si conosce il lavoro che da oltre 10 anni i due affiatati messinesi conducono sulle scene italiane e internazionali. Perché in questa loro ultima produzione, malgrado i semi di certe intuizioni si possano ritrovare nei precedenti «Il cortile» e «La busta», lo scarto di fantasia da cui fiorisce la scrittura, concretizzatosi in giocosa metafora, è davvero spiazzante. Di vedetta sulla cima di due pali che ne fiancheggiano un altro «disabitato», calati in un’atmosfera dai colori acidi che echeggia un infantile Golgota laico, Senzamani (Scimone) e La Bruciata (Sframeli) sono due ladroni dei nostri tempi, due stiliti semiseri. Se questa fuga rappresenta, infatti, l’estremo tentativo di scampare l’inarrestabile invasione di escrementi che sta coprendo il manto terrestre, essa nondimeno apre la strada al paradosso e determina una situazione immodificabile (malgrado le continue preghiere) che può procedere solo attraverso altre trovate surreali.

E solo nello spazio imprevedibile di una buffa parata circense, non priva di richiami a Beckett e a Jarry, dove il senso di minaccia (tema assai caro a Scimone) viene incarnato da un duo di saltimbanchi maldestri, l’Altro (Salvatore Arena) e il Nero (Gianluca Cesale), che rappresenta appunto lo straniero, il diverso, l’escluso. Di tutto questo certamente noi ridiamo. Ma non riusciamo a sentirci allegri. Da vedere. Al Valle fino a domenica.

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