I piccoli teatri pronti al nuovo anno «La crisi? Non frenerà la qualità»

Il futuro dei teatri più piccoli è a rischio? I tagli del Fus (Fondo unico per lo spettacolo), la politica dei costi imposta dalla crisi, l'orientamento generale del repertorio che segnala un inquietante ricorso ai titoli di cassetta, minacciano o no l'esistenza di questi luoghi dell’arte che, per sopravvivere, dipendono necessariamente dai sussidi pubblici? Quale strategia hanno adottato o stanno per adottare gli spazi milanesi da cento o duecento posti che da sempre fondano il loro prestigio sulla qualità, aliena da considerazioni commerciali? Saranno destinati, prima o poi, a chiudere i battenti o rivedranno drasticamente le loro posizioni, cambiando stile e natura? Obiettivamente riconoscenti nei confronti di chi, nel corso degli anni, ha sempre combattuto in prima linea per la salvaguardia della cultura, anche e soprattutto a proprio rischio, accogliendo nelle proprie sale i talenti emergenti e quegli autori, italiani e no, spesso e volentieri disattesi dai grandi circuiti produttivi, abbiamo girato la domanda ai loro rappresentanti. Per scoprire, con nostra grande sorpresa, che i problemi più assillanti che affliggono la categoria li toccano, in fondo, in modo marginale. E convenire, dopo una franca disamina, che la ragione sta dalla loro parte. A cominciare dal pubblico, che continua a frequentare assiduamente le sale grandi e piccole del capoluogo così come dell’hinterland e non è disposto a cambiare rotta, scegliendo la facile evasione per colpa dell'erogazione, sempre più scarsa, del pubblico denaro. E a coloro cui ha delegato non il consumo ma l'offerta delle voci più interessanti presenti sul mercato nazionale, continua a chiedere e sollecitare proposte di qualità. Le quali, come sappiamo, oltre a concretarsi in produzioni varate in loco con pochi mezzi ma elevato tasso d'indagine, comprendono tra le ospitalità gli spettacoli spesso più interessanti della stagione, favorendo una fruttuosa politica di confronti e scambi di personalità emergenti. Ciò che ben di rado accade invece nei grandi teatri a gestione pubblica i quali, scambiandosi spettacoli e varando coproduzioni, in genere obbediscono a criteri e a considerazioni più commerciali. Dal canto loro, i cosiddetti piccoli spazi, non si accontentano, e promuovono convegni, inaugurano e potenziano nuovi quadri professionali, aprono scuole di recitazione. Come accade, ad esempio, al Litta dove Antonio Syxty oltre alle sue regie ha potenziato seminari e prodotto spettacoli affidati alle nuove leve. O nell'ambito dell'Arsenale, gestito dalla coraggiosa Marina Spreafico, così come nello spazio privilegiato del Teatro Libero di Corrado D'Elia. Mino Bertoldo, responsabile dell'Out Off, spiega: «Siamo passati da una minisala a una di capacità inusitate per noi che da anni chiedevamo inutilmente uno spazio di ben altra portata per accogliere le nostre proposte. Certo, i problemi non mancano e i tagli del ministero sono preoccupanti. Ma noi siamo fiduciosi e non ci arrendiamo. Tanto è vero che proprio adesso, a fine stagione, variamo il nostro ultimo spettacolo, un Lagarce inedito in Italia affidato a Lorenzo Loris, che fa seguito ai due testi appena varati dal Piccolo Teatro». Deciso Antonio Syxty, regista stabile del Teatro Litta: «La preoccupazione c'è. Inutile negarlo. Ma chi vive da sempre tra un terremoto e l'altro ormai ci ha fatto il callo e per questo non rinuncia a ciò in cui crede. Abbiamo un pubblico affezionato e fedele che segue con interesse la nostra attività». Sulla stessa linea Renzo Martinelli, regista e responsabile del Teatro I: «La nostra è una piccola gestione, ma con tutte le carte in regola. Di cui il Comune ha riconosciuto importanza e professionalità. Purtroppo, al di là della minaccia dei tagli, il nostro problema è quello dello spazio dal momento che, per l'esiguità della sala, siamo costretti il più delle volte a rimandare a casa chi vorrebbe assistere ai nostri spettacoli». Corrado D'Elia, attore, regista e responsabile dei Teatri Possibili sulla scena del Teatro Libero, non si fa illusioni: «La situazione è tragica, altro che preoccupante! Tanto per dirne una, la sala del Teatro Libero che conta solo 99 posti oggi risulta, nella classifica Agis degli incassi di tutta la penisola, al cinquantesimo posto, mentre solo l'anno scorso era oltre il novantesimo! Segno evidente del crollo degli incassi delle grandi sale specializzate in spettacoli d'intrattenimento, musical compresi. Questo però rappresenta un problema insormontabile per noi, data la nostra capienza che ci impedisce di allargarci per soddisfare le richieste del pubblico. Al di là del fatto incontestabile che non per questo veniamo premiati con un aumento dei sussidi». Infine Marina Spreafico, regista e responsabile del Teatro Arsenale, uno dei più antichi théâtres de poche milanesi: «Siamo stati paragonati alla Huchette, il famoso minispazio parigino dove si replica da 50 anni La cantatrice calva di Ionesco. Ma con quale divario, Dio mio! Dato che, non da tempo ma da sempre, ci dibattiamo tra l'eterno problema economico della gestione e quello dei costi di produzione.

Dal Fus ci siamo tolti da anni, data la scarsissima se non nulla incidenza sul nostro bilancio; dal Comune prendiamo una cifra irrisoria che giunge a destinazione in tempi biblici. Per cui, paradossalmente, l'attuale situazione per noi non rappresenta una novità ma semmai l'ennesima replica di un'eterna tragedia».

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