I ritratti di «Dossier»: Berlusconi, Letta e l’amore per l’Italia

«Berlusconi iniziò ad apprezzare e stimare Letta quando si scontrarono da editori con interessi diversi. L’uno dalla parte di inchiostro e carta stampata. L’altro di etere e frequenze. Fu il coraggio e la gentilezza a conquistare l’allora patron di Mediaset. Da allora - era il 1987 - sono diventati più che amici. Sembrano l’uno l’opposto dell’altro, ma sono legati da profondi sentimenti di rispetto e di fiducia». Così ricorda Renato Farina, onorevole del Pdl, nel lungo ritratto del sottosegretario Gianni Letta, al quale è dedicata la copertina del nuovo numero di Dossier - diretto da Raffaele Costa - in edicola nei prossimi giorni con il Giornale. «Letta, con la sua personalità, è la traduzione abruzzese del brianzolo Silvio - racconta Farina -. La grandezza del premier è di accettare un’altra lingua che, però, parla dello stesso amore per l’Italia».
È il martedì mattina, a Palazzo Chigi, sono le ore 9 in punto. «Letta - come ogni martedì - è già lì. Ogni settimana si apre il pre-Consiglio dei ministri. Lì non ci sono il premier e i ministri, ma quelli del “suo” convento: i monaci dello Stato, i templari della politica, i civil servant di cui Letta è il papa italiano». E descrivendolo, Farina si pone alcuni quesiti fondamentali. «Letta è stanco? Si toglierà gli abiti sacerdotali e vivrà da spretato della politica?». È un’analisi che non utilizza i soliti toni patetici da gossip. Il quesito sulla «stanchezza di Letta», secondo Farina, ha un enorme peso politico.
«Questo è uno dei quesiti più seri che circolano tra chi si occupa di politica - aggiunge -. Non c’entra con il pettegolezzo, ma con il destino dell’Italia. Se Letta fosse stanco e se la stanchezza si dovesse trasformare in resa, inducendolo ad abbandonare il suo studio grande e laccato, le conseguenze potrebbero essere irreparabili. Non causerebbe tanto la caduta di Silvio Berlusconi, il quale ha risorse tutte sue. Ma - sia detto senza offesa per il Cavaliere - accadrebbe qualcosa di peggio. La fine dell’impossibile congiunzione tra decoro ed efficienza, tra romanità e laboriosità. Tra Lombardia e Italia, tra imprenditoria e diplomazia. In lui gli ossimori si trasformano in rime baciate. E se si spezzasse la fibra di Letta sarebbe una sconfitta tremenda per tutti. Destra, sinistra e centro. Un guaio per questo benedetto Paese». Non solo. «Letta è un personaggio strategico per gli equilibri della classe dirigente italiana - dichiara l’editrice Maria Elena Golfarelli -. E in questo ritratto Farina, come deputato attento, coglie in pieno il senso del suo ruolo negli ambienti di potere. Insomma, l’abruzzese felpato è uno che nella cosiddetta stanza dei bottoni conta, specie in una fase storica in cui il Paese deve poter trovare un riferimento politico stabile, certo, che dia un senso anche culturale alle celebrazioni per i 150 dell’Unità nazionale». «La vera stoffa di Letta sta nella sua capacità di risolvere problemi. Sciogliere nodi. Senza usare la spada che trincia la trama grossolana e il sottile filo di seta, come fossero la stessa cosa - racconta Farina -. Il suo segreto è nell’usare la delicatezza dell’intelligenza e la pazienza antica dell’abruzzese».
«Gli italiani devono iniziare a osservare chi li governa, senza farsi abbindolare dai facili toni sensazionalistici che ci assuefanno - conclude la Golfarelli -. Scrutando carattere e indole dei politici, si possono comprendere le loro scelte. In molti considereranno la nostra come una scelta controcorrente.

È più facile, certo, parlare di chi è in primo piano tra le quinte del potere e non di chi è dietro. Ma ho voluto fortemente dedicare questa copertina a Letta, convinta che nelle sue mosse, nelle sue parole, persino nei suoi sguardi, si possa cogliere il senso della politica attuale».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica