«I Telegiornali? La fiera delle opinioni»

L’arcivescovo di Milano: «Non mi piace l’informazione in tv, troppi commenti e pochi fatti»

Andrea Tornielli

da Milano

«I Tg italiani? Non mi piacciono tanto... sono la fiera delle parole e delle opinioni». Il cardinale Dionigi Tettamanzi risponde così alla domanda dell’inviata del Tg1 Tiziana Ferrario, che gli aveva chiesto un parere sulla qualità dei notiziari televisivi di casa nostra. Al Circolo della Stampa di Milano, l’arcivescovo festeggia il patrono della categoria, San Francesco di Sales, dialogando con alcuni giornalisti: Riccardo Bonacina, direttore editoriale di Vita, Gianfranco Fabi Vicedirettore del Sole 24 Ore, Roberta Filippini dell’Ansa e la stessa Ferrario. Il tema è impegnativo, spiega il moderatore, Alessandro Zaccuri, conduttore del Grande Talk su Sat 2000: «La notizia, l’uomo, il testimone. Giornalisti con un nome, una storia, alcune convinzioni, non poche domande», e dalle testimonianze dei quattro emergono la crisi d’identità della categoria e i problemi che attanagliano la stessa informazione nel nostro Paese.
«Dico che i nostri Tg non mi piacciono tanto – spiega Tettamanzi, perché “non tanto” è più dolce di “poco”. Mi sembrano la fiera delle parole e delle opinioni, più che una rassegna di fatti. Le opinioni vengono enfatizzate e me ne trovo davanti così tante che a volte mi chiedo: ma questa opinione riguarda in concreto quale fatto?». L’arcivescovo di Milano ritiene poi che si dia troppa risonanza a certi episodi che non meritano la ribalta nazionale. Per quanto riguarda la cronaca, «è necessario il rispetto della dignità personale di tutti e di ciascuno» e questo «non è sempre onorato». Infine, i Tg devono «guardare al mondo intero, perché dobbiamo essere cittadini del mondo e non soltanto della nostra nella Italia». Il cardinale non fa distinzioni tra Tv pubblica e privata, perché la correttezza dell’informazione deve essere «condivisa da tutti», anche se fa notare come la televisione commerciale risponda a logiche diverse e «per sua natura tende a presentare un’informazione che parte da una certa concezione della vita o da una certa parte politica. Onestà vuole – aggiunge – che questo sia dichiarato allo spettatore». Il cardinale ha quindi spiegato che l’informazione deve essere al servizio del «bene comune», vale a dire deve «partire dagli ultimi», da chi non ha voce, e parlare dei problemi concreti delle persone.
Significativo in questo senso è stato l’intervento del direttore editoriale di Vita, il settimanale del mondo del no profit che ha messo in rete tante associazioni. «Oggi c’è sovrabbondanza di informazioni, siamo sempre connessi a Internet – ha detto Bonacina – ma questo non si traduce in un aumento della libertà: alla fine viene raccontato tutto, ma non ciò che riguarda la nostra vita. Ogni giorno le notizie sono circa 6.500, un Tg ne dà circa 20, un quotidiano 250. La vita vera, però, molto spesso sta in quelle scartate, in quelle che finiscono nel cestino. Il giornalista si deve coinvolgere con la realtà che racconta». Un’idea che Tettamanzi rilancia: «Possiamo comprometterci con la realtà quando siamo appassionati alla vita delle persone. Nella misura in cui si è uomini veri si è anche giornalisti veri, che sanno amare gli altri uomini sapendo che il bene più prezioso è la libertà».


Il cardinale è intervenuto anche sul ruolo di chi possiede i mezzi di comunicazione: «Oggi essere proprietari di Tv e giornali è una grande responsabilità e se è legittimo far tornare i conti, l’aspetto economico non può essere l’unico criterio. L’editore deve promuovere l’informazione per il bene comune».

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