Immigrazione, ambiente ed energia: le idee-guida dei giovani conservatori

Il candidato repubblicano alla Casa Bianca John McCain si ispira addirittura a Roosevelt. Non Franklin Delano, mitico presidente che risollevò l’America dalla depressione del ’29, bensì Theodore, che un secolo fa si prodigò per difendere i meno abbienti, limitare l’influenza del grande business e proteggere l’ambiente. Altri guardano altrove, esplorano nuovi orizzonti. E non sono politici, ma intellettuali, filosofi, scrittori che riscoprono il piacere dell’Agorà.
Il New York Times ha scritto che la destra americana è in crisi. In parte è vero: i neoconservatori e, con loro, i teoconservatori, sono spariti. Nessuno, peraltro, li rimpiange, ma mentre fino a quattro anni fa l’intellighenzia legata al Partito Repubblicano guardava dall’alto un mondo liberal che appariva arrabbiato, confuso, privo di punti di riferimento, oggi i ruoli sembrano ribaltati. I progressisti un faro l’hanno trovato: si chiama Barack Obama. La destra invece si interroga, ma il suo non è un tormento, bensì un’effervescenza propositiva e promettente. Il dibattito non è più dogmatico, né settario; è, finalmente, libero. Ronald Reagan resta un mito, un esempio, un rimpianto. Ma ora c’è chi sostiene che ispirarsi a lui non basta più, perché i problemi della società odierna sono diversi rispetto a quelli degli anni ’80 e occorre cercare nuove risposte. David Frum ha scritto per anni i discorsi di Bush, ma oggi non prova disagio nell’affermare che il suo presidente «ha portato l’America sull’orlo del disastro» e in un libro (Comeback, Il ritorno) lancia nuove proposte. «Non possiamo proporre sempre le stesse soluzioni - dichiara al Giornale - ma dobbiamo trovare il coraggio di affrontare con originalità le sfide del nostro tempo. Negli anni ’80 e ’90 quello Repubblicano era il partito dei giovani, ora non più. E per riconquistare quei consensi dobbiamo elaborare nuove politiche per la tutela dell’ambiente, elaborare misure in favore delle donne, rimuovere il tabù dell’omosessualità, con pragmatismo, nella consapevolezza che per gli elettori con meno di 30 anni le coppie gay non sono affatto scandalose». Secondo Frum le tasse federali ormai sono così basse che diminuirle non avrebbe senso. E propone di «tassare la benzina, se il prezzo del petrolio dovesse scendere, per indurre gli automobilisti a pretendere dai produttori auto a bassissimo consumo o, ancora meglio, elettriche». Insomma, le imposte non per redistribuire il reddito, ma per accelerare l’innovazione, riducendo la dipendenza dal petrolio.
Quasi un eretico, come due giovani pensatori, Ross Douthat e Reihan Salam, i quali scrivono che il Grand Old Party (il partito repubblicano) deve diventare un Grand New Party, perché per la maggior parte degli elettori ormai è sinonimo di corruzione e inefficienza. «Abbiamo accusato per anni il partito democratico di essere avulso dalla realtà - spiega Salam - ma ora siamo noi ad aver perso il contatto con la gente». Colpa dei neoconservatori e di una classe politica logorata dal potere. E allora bisogna proporre un movimento conservatore che sia «ideologicamente innovativo», che, pur negando l’utilità dello stato sociale e l’aumento delle tasse, sappia elaborare politiche per la famiglia, capaci di generare un nuovo impulso alla mobilità sociale verso l’alto. E allora sgravi fiscali non più generalizzati, ma in favore di chi manda i figli all’università, delle madri che lavorano. Occorre investire nelle infrastrutture per ridurre i tempi di percorrenza tra casa e lavoro, incentivando i trasporti in comune. Douthat e Salam attribuiscono molta importanza all’individuo e alla famiglia, come Arthur C. Brooks (vedi l’intervista qui accanto) che tra poche settimane guiderà l’American Enterprise Institute, il più famoso think tank neocon, prendendo il posto di Christopher DeMuth, presidente da 22 anni, il quale, in un libro scritto con Yuvan Levin, stronca Bush per aver reso elefantiaco il governo e aumentato l’influenza dello Stato nella vita dei cittadini.


Contrariamente a pochi anni fa, DeMuth non parla più di sicurezza e poco di terrorismo, dimostrando che anche la cultura conservatrice americana vuole lasciarsi alle spalle le angosce dell’11 Settembre, marginalizzando le conseguenze della guerra in Irak. «A un passo dal 2010 - osserva - sono altre le priorità: immigrazione, ambiente, indipendenza energetica». Da affrontare con originalità. Sì, in America sta nascendo una nuova destra.

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