Mondo

Imprenditori, cuochi e prof. Ora gli immigrati siamo noi

Hanno trovato lavoro, uno stipendio dignitoso, un Paese in crescita che sostiene gli investimenti. Ma non è un paradiso: la parentopoli è ovunque e la corruzione diffusa

Imprenditori, cuochi e prof. Ora gli immigrati siamo noi

Tirana - Le testimonianze in presa diretta degli italiani che in Albania hanno trovato "l'America". O più semplicemente, un Paese in cui chi si rimbocca le maniche non è visto solo come un contribuente da spennare a colpi di tasse o da vessare tra mille permessi e carte bollate. Dal cuoco all'architetto, dalla professoressa al giornalista, ecco le storie dell'immigrazione "al contrario".

L'architetto

Nicola Nanut, giovane architetto udinese, ha aperto uno studio a Tirana. In Albania ha già realizzato diversi lavori, tra cui il rifacimento dell'ingresso e del parco nella città di Durazzo. «Ho lavorato molto all'estero. Poi ho scoperto l'Albania e ho aperto uno studio meno di due anni fa. In Italia è difficile lavorare». Non è solo un problema di tasse, la crisi ha colpito duramente anche la casa e gli italiani non investono più. «Chi ha soldi li conserva, chi invece li chiede a una banca ha enormi difficoltà per ottenere un mutuo. Quindi il mercato è fermo - racconta Nanut -. Per di più la burocrazia vara nuove norme di continuo. Per carità, anche condivisibili, come quella sul risparmio energetico. Ma imporle adesso, in questo momento di crisi, è stata un'altra mazzata». L'Albania è invece un Paese in crescita, ha bisogno d'infrastrutture, di nuova edilizia residenziale, di valorizzare l'esistente. Un mercato con ancora ampi spazi. «Certo non è tutto oro quel che brilla. Qui ci sono imprese edili che non sanno leggere un disegno tecnico e costruiscono in base ai rendering - dice sconsolato -. Poi c'è anche la corruzione e quella che possiamo chiamare una sorta di società tribale. Per esempio, abbiamo presentato un'offerta per un terreno su una collina poco lontano da Tirana, per realizzare un complesso residenziale. Non è il comune che ha valutato il progetto, ma si è riunito il consiglio degli anziani».

Il cuoco

Roberto Caru, cuoco 55enne che ha lavorato in Europa, Africa e Medio Oriente, è sbarcato in Albania nel 2010. Originario di Gallarate, oggi è impegnato nelle cucine del ristorante pub The black sheep a Tirana. «Ho fatto la scuola alberghiera, e qui ti dà una marcia in più nel lavoro. Poi, la cultura della buona tavola ha ancora ampi spazi di miglioramento in Albania». Caru ha lasciato l'Italia per le troppe tasse e per avere un tenore di vita di migliore. «Guadagno 1.500 euro al mese, con questi soldi qui sei un signore. Da noi te lo sogni, neppure con il doppio di stipendio». Separato e con due figlie in Italia, che vede di frequente, il cuoco spiega che nel nostro Paese non è facile trovare lavoro con la crisi. «E quando lo trovi, spesso non è neppure remunerativo. Per questo ho deciso di fare i bagagli e ricominciare». Il costo della vita in Albania è davvero basso rispetto all'Italia. «Qui con 350-400 euro al mese vivi più che decorosamente. Se non abiti nelle zone del centro (dove gli affitti si aggirano sui 500 euro al mese), un appartamento ti costa dai 70 ai 150 euro al mese».

Il giornalista

Carlo Bollino è un giornalista che conosce bene l'Albania. Già agli inizi degli anni '90 era stato inviato qui per seguire l'ondata d'immigrazione verso l'Italia e, in seguito, quando il suo editore ha aperto un quotidiano a Tirana. In quegli anni ha trovato la compagna della sua vita, ma il lavoro lo ha portato prima in Israele e poi di nuovo in Italia, a dirigere la Gazzetta del Mezzogiorno . Fino a un anno fa, quando ha deciso di rilevare assieme alla moglie una tv, A1 Report, e aprire un quotidiano e un sito web di news, tutto in lingua albanese. «L'Albania offre grandi opportunità per le imprese, qualsiasi iniziativa è ben vista, se poi sei italiano le porte sono più che aperte». Bollino ha circa 150 dipendenti tra tecnici e giornalisti. «A differenza dell'Italia, dove tutto è ingessato per colpa di sindacati, burocrazia, leggi e norme che frenano le aziende, questo è un mondo diverso». Bollino ha stretto in passato amicizia con l'attuale premier Edi Rama tanto che il governo gli ha affidato la riapertura del bunker antiatomico di Enver Hoxha costruito negli anni '60. Lo ha trasformato in un museo storico, appena inaugurato. «Gli albanesi sono grandi lavoratori», spiega, sottolineando il basso costo del lavoro e la flessibilità. «In Italia il sindacato tutela spesso i fannulloni. Qui ha un ruolo minimale come negli Usa».

L'imprenditore

Giordano Gorini, di Iseo (Brescia), è l'amministratore delegato della Essegei, azienda del bresciano che costruisce centrali idroelettriche. «Siamo sbarcati qui nel 2003. Poi dal 2004 sono qui stabilmente dal lunedì al venerdì di ogni settimana». La Essegei oggi ha 180 dipendenti e ha costruito 23 centrali idroelettriche in un paese che copre con questa energia l'80% del suo fabbisogno. «Pensi che qui nessuno pagava le bollette. Considerano l'energia un bene pubblico e fanno fatica a cambiare mentalità. Noi non trattiamo col privato, ma visto che non saldano le bollette, lo Stato trova la scusa per non pagare noi. Comunque il governo si è mosso e ha addirittura messo in carcere chi non pagava». Secondo Gorini la lingua facilita rapporti con gli albanesi, ma bisogna stare attenti. «La mentalità è diversa. Tratti con uno che parla italiano ma che non è italiano». Un altro problema, rileva Gorini, è il rapporto con le istituzioni. «Qualsiasi cosa tu possa chiedere è interpretata come un favore. Ma sulla corruzione hanno fatto passi avanti». In Albania, poi, c'è ancora una struttura sociale dove la famiglia è centrale, il vincolo parentale sacro. «C'è un rapporto viscerale con i parenti, quindi è impossibile per un albanese che diventi ministro, direttore di giornale o altro non assumere un familiare. Indipendentemente dalle capacità». Un fenomeno diffuso che l'Albania ha difficoltà a superare. Ma il settore energetico è in grande sviluppo. E Gorini ammette che non mancano i lati positivi. La tassazione favorevole, il costo della manodopera e la lingua. E giovani che hanno voglia di imparare.

L'insegnante

Patrizia Filippi, insegnante pisana che risiede a Lecco, vive da quattro anni in Albania, dove si è trasferita dopo avere vinto il concorso del ministero degli Esteri. Insegna italiano in una scuola media bilingue di Tirana. «Ero curiosa, è un paese di cui si sa poco e in Italia c'erano molti pregiudizi, che per fortuna stanno venendo meno». Prima ha insegnato per due anni a Scutari poi si è trasferita a Tirana. «Il primo impatto? La grande accoglienza, hanno un debole per gli italiani. Qui mi trovo bene. In questi quattro anni l'Albania ha fatto passi da gigante. È un grande cantiere: hanno rinnovato e costruito palazzi, strade, parchi. Ma hanno ristrutturato in modo bello». Anche lei ha constatato l'aumento della presenza italiana.

«Sì, tanto che ci sono dei connazionali che mandano i figli nelle nostre scuole».

Commenti