Per le imprese italiane prestiti più cari d’Europa

Infagine sulle banche. Per gli artigiani di Mestre i tassi sugli impieghi a breve (meno di un anno) sono scesi del 2,4% in 9 mesi ma restano i maggiori del continente. E penalizzano le piccole aziende, che chiedono di essere convocate al tavolo governativo sulla moratoria

Per le imprese italiane prestiti più cari d’Europa

Lo aveva detto, a modo suo, Giulio Tremonti, un mesetto fa: «Vorrei fare un invito alle banche: allineate un po’ di più i tassi italiani a quelli europei. Solo un pochino». E lo ha ribadito in continuazione, questo invito, il ministro dell’Economia. Fino all’appello lanciato la scorsa settimana proprio all’assemblea dell’Abi per una moratoria dei crediti alle imprese. Con la formazione di un tavolo tra governo, banche e imprese. Anche perché i tassi a breve italiani, pur essendo calati dal settembre scorso del 2,44% (più di tutti nella Ue), restano i più alti tra i grandi Paesi europei. Il solerte e operoso ufficio studi degli artigiani di Mestre (peraltro non neutrale, vista l’appartenenza al mondo delle piccole imprese) lo ha messo nero su bianco ieri, in un rapporto da cui si evince che i tassi applicati in Italia, calcolati fino a maggio di quest'anno, per prestiti inferiori ad un anno toccano la soglia del 4,37%, contro il 4,02% della media dei 16 Paesi appartenenti all’area dell'euro ma, soprattutto, contro il 4,13% della Germania, il 3,98% della Spagna, il 3,70% dell'Olanda e il 3,37% della Francia. Solo i Paesi cosiddetti «minori» come Grecia (6,14%) e Portogallo (4,68%) presentano percentuali superiori all’Italia. I dati non collimano di certo con quelli dei banchieri: per Faissola, che lo ha ribadito recentemente, i tassi italiani «sono più bassi di 20 punti base rispetto alla media europea». La querelle continua e continuerà. Ma certo, a guardare il lavoro degli artigiani di Mestre, si ha l’impressione che a pagare lo scotto del caro-denaro siano proprio i più deboli, cioè le imprese piccole e medie. Perché i tassi a breve sono proprio quelli utilizzati dalle imprese per far fronte alla gestione ordinaria, specialmente in periodi di crisi. Basti pensare alle esigenze di cassa generate dai minori ricavi, piuttosto che dai ritardi nei pagamenti dei fornitori, a loro volta stritolati dalla crisi in un circolo vizioso senza uscita. Ebbene è in questi momenti che la piccola impresa ricorre al credito per onorare i pagamenti non più rinviabili, come stipendi, anticipi sulle fatture, tasse o scoperti del conto corrente. [TESTO]Mentre non è lo stesso per le grandi imprese, che si indebitano a lungo termine: i tassi superiori ai 5 anni eleggono le banche italiane come le più virtuose. In Italia i tassi applicati erano due mesi fa pari al 3,87% contro una media Ue a 16 del 4,12%. [/TESTO] «Con la crisi - dice Giuseppe Bortolussi, leader degli artigiani di Mestre - sono moltissimi i piccoli imprenditori che si sono rivolti alle banche e si sono indebitati a breve, per pagare stipendi, imposte e contributi dei loro dipendenti, visto che queste realtà aziendali non possono licenziare le maestranze altrimenti corrono il rischio di rimanere senza collaboratori con esperienza e professionalità.

Proprio per questo - conclude Bortolussi - è fondamentale non solo la moratoria di un anno dei debiti delle imprese, ma che i piccoli imprenditori siedano al tavolo delle trattative con il governo». Una posizione condivisa anche da altre associazioni di categoria, come la Confapi, che ritengono un’occasione persa quella della mancata convocazione delle imprese più piccole, oltre a Confindustria.

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