Se la sinistra si vergogna di averci tolto una tassa

Reazioni surreali all'abolizione dell'Imu all'interno del Partito democratico

Se la sinistra si vergogna di averci tolto una tassa

Dopo lunga e sofferta gestazione, il governo ha partorito una buona leggina che elimina una pessima legge: l'Imu sulla prima casa non c'è più. Sarà probabilmente sostituita da un'altra fregatura, dato che la politica nazionale è equiparata al gioco delle tre tavolette, ma intanto è sparita e gli italiani, oberati dalle rate del mutuo, umiliati da buste paga di magrezza biafrana e da bollette sadiche (gas, luce, telefono eccetera), tirano un sospiro di sollievo. Il loro pensiero corre alla prossima tredicesima che non rischia di essere saccheggiata da quella schifezza di tassa che colpiva chiunque avesse lo straccio di un tetto sulla capoccia, foss'anche gravato da ipoteca.

Infatti, non dimentichiamo che il mattone, finché non hai saldato sino all'ultimo centesimo il debito con la banca, non è tuo ma della banca stessa. Comprensibile che i cittadini, sollevati dall'incubo Imu, festeggino, quantomeno sorridano. Ma non tutti. Sappiamo che i dirigenti del Pd nonché parecchi compagni della base sono sinceramente addolorati, addirittura corrucciati, alcuni in lutto stretto. Poveracci, non si danno pace all'idea che l'iniziativa di cancellare l'iniquo tributo sia partita - al tempo della campagna elettorale - dal condannato illustre: Silvio Berlusconi. Questo non lo possono proprio tollerare: per loro gettare una tassa nel cassonetto è un'occasione mancata per fare del male agli italiani, considerati agrumi da spremere o carne da macello.

Ciò che angustia i parenti alla lontana (e anche alla vicina) dei comunisti è la probabilità che al Cavaliere e al suo partito venga attribuito il merito di aver ucciso l'Imu. Temono che, in caso di elezioni, il detenuto in pectore rastrelli i voti del popolo che non apprezza le gioie fiscali. Un'altra vittoria alle urne del centrodestra provocherebbe un tale terremoto nell'ambiente rosso da ridurlo ad un ammasso di macerie. C'è una cosa che lascia basiti. In altre epoche la sinistra si batteva, almeno a parole, in favore delle cosiddette classi deboli: pensioni sociali a pioggia, libri gratis agli studenti della scuola dell'obbligo, assistenza sanitaria gratuita per chiunque, settimana corta (anzi cortissima), un mese di ferie, soppressione dell'apprendistato, evviva l'incremento cieco della spesa pubblica, amore libero, coppie aperte, avanti col divorzio e con l'aborto a carico dello Stato.

I conservatori, e specialmente i bigotti, erano sconvolti di fronte al bagaglio di novità proposte dal Pci e surrogati vari, ma alla lunga abbozzavano, ingoiando amari bocconi. Poi è accaduto quello che è sotto gli occhi di tutti: ora qualunque baciapile si rifugia nel Pd, che gode dell'appoggio della maggioranza dei parroci; i ricchi si proclamano amici di Guglielmo Epifani; si dice che Carlo De Benedetti abbia la tessera numero uno del Partito democratico; il compianto Tommaso Padoa-Schioppa non è ricordato per le sue opere, ammesso che ve ne siano, bensì per aver inventato lo slogan più scemo della storia: «Le tasse sono belle».

Il piccolo mondo italico si è praticamente rivoltato: quelli di destra scopano con gioia, quelli di sinistra sono diventati puritani. Ieri chi non ha guardato i programmi televisivi si è perso uno spettacolo esilarante. Un numero elevato di parlamentari democrat si è avvicendato sul video, rilasciando dichiarazioni più comiche delle gag di Crozza. Di una comicità involontaria, quindi irresistibile. Certe facce da funerale dalla cui bocca uscivano frasi surreali: adesso studieremo come tassare gli alloggi in forma diversa dall'Imu; non rinunceremo mai agli introiti persi a causa dei «fasisti»; avendo noi ceduto sul versante immobiliare, il Pdl non potrà più opporsi all'aumento dell'Iva dal 20 al 21 per cento, che si rende necessario per far quadrare i conti.

I sedicenti progressisti, nel minacciare gli italiani col randello fiscale, lasciano trasparire un desiderio di vendetta: quel demagogo di cui non ci siamo ancora liberati, nonostante la sentenza della Cassazione, ci ha strappato l'Imu dal cuore? Gliela faremo pagare noi tra poco: seppelliremo il popolo sotto una caterva di imposte. Già. «Le tasse sono belle». E giù con le teorie del menga secondo le quali se si abolisce un tributo bisogna sostituirlo con un altro di eguale entità. Non un deputato, neppure di terza fila, che abbia avuto il coraggio di esprimere un ragionamento diverso dalla vulgata sinistrorsa. Per esempio: smettiamola di confidare nella spirale delle imposte, che ha stroncato l'economia, e cominciamo a raccomandare ai Comuni (destinatari dell'Imu) di amministrare con giudizio i quattrini di cui dispongono.

Recentemente i giornali hanno pubblicato la foto di una schiera di pullman nuovi e abbandonati nei campi attorno a Bologna, pur essendo costati un'iradiddio. A Napoli «dormono» tram di lusso e carissimi: non si usano. Sono stati comprati e subito scartati. Invece di sprecare denaro in acquisti insensati, spendetelo per rendere migliore la vita dei cittadini, salvando i bilanci pubblici. Nossignori. La sinistra avveduta, illuminata, colta eccetera punta sulle tasse per seguitare a sperperare. E gode all'ipotesi di inasprire l'Iva. Strilla: a novembre, forse prima, le merci costeranno l'1 per cento di più. Così capirete, voi popolo bue, quanto siano belle le tasse. Prepariamoci: caleranno i consumi e la produzione. Andremo sempre più a fondo.

Ma faremo baldoria perché Angela Merkel darà una pacca sulle spalla a Letta: «Bravo Enrico, tu sì che sei un europeista convinto». Convinto di che? Che l'Italia debba andare in miseria e sdraiarsi ai piedi della Germania.

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