Abu Omar, lo schiaffo della Consulta ai giudici: "Avete violato il segreto di Stato"

La Corte Costituzionale spazza via le sentenze della Cassazione e della Corte d'appello di Milano contro gli uomini del Sismi accusati del rapimento dell'imam. Ecco le motivazioni

Abu Omar, lo schiaffo della Consulta ai giudici: "Avete violato il segreto di Stato"

«Non spettava»: vengono ripetute spesso, queste due parole, nelle motivazioni depositate ieri sera della sentenza con cui la Corte Costituzionale ha accolto i conflitti di attribuzione sollevati dai governi Monti e Letta nel caso Abu Omar. Vengono annullate le sentenze che hanno portato alla condanna di Nicolò Pollari, ex capo dei servizi segreti militari, e dei suoi uomini, a partire dal capo del controspionaggio Marco Mancini. E il concetto, alla fine, è semplice: «non spettava» nè alla Cassazione nè alla Corte d'appello di Milano, e non spetta in genere alla magistratura ordinaria, valutare fin dove si possa spingere il velo del segreto di Stato. É il governo, l'autorità politica, e nessun altro, a sapere quali interessi pubblici siano in gioco quando si parla di sicurezza dello Stato. E non sta ai giudici sindacare.

É, di fatto, la pietra finale sulla vicenda iniziata quasi dieci anni fa, quando un commando della Cia prelevò a Milano Abu Omar, predicatore islamico già allora in odore di estremismo e poi condannato per terrorismo internazionale. Il prossimo 24 febbraio, quando la Cassazione aprirà l'ultima udienza, non potrà che prendere atto di quanto ha stabilito la Corte Costituzionale. E le condanne di Pollari (dieci anni), Mancini (nove anni) e degli altri 007 verranno cancellata. Il caso Abu Omar rimarrà tema da libri di storia e di diritto. Ma quale sia stato il ruolo del Sismi nella vicenda, se i nostri servizi abbiano saputo, ostacolato, collaborato, tutto questo resterà per sempre coperto da segreto di Stato.

Già una volta, nel 2009, la Corte Costituzionale aveva sancito la prevalenza degli interessi della sicurezza pubblica sul dovere della magistratura a indagare e perseguire i reati (come indubbiamente fu, per il nostro ordinamento, il sequestro di Abu Omar). Ma la Cassazione se ne era infischiata, e interpretando a suo modo la sentenza aveva riportato Pollari & C. sul banco degli imputati. Così i governi Monti e Letta si erano ritrovati costretti, come già i loro predecessori Prodi e Berlusconi, a ribadire l'esistenza del segreto di Stato e a chiedere l'intervento della Corte Costituzionale.

Ed ecco le motivazioni con cui la Consulta dà ragione al governo e torto ai giudici: «La disciplina del segreto involge il supremo interesse della sicurezza dello Stato-comunità alla propria integrità ed alla propria indipendenza», si legge nelle motivazioni. «L'apposizione del segreto da parte del Presidente del Consiglio dei ministri - cui spetta in via esclusiva l'esercizio della relativa attribuzione di rango costituzionale, in quanto afferente la tutela della salus rei publicae, e, dunque, tale da coinvolgere un interesse preminente su qualunque altro, non può impedire che il pubblico ministero indaghi sui fatti di reato, ma può inibire all'autorità giudiziaria di acquisire ed utilizzare gli elementi di conoscenza coperti dal segreto.

Un ambito, questo, nel quale il Presidente del Consiglio dei ministri gode di un ampio potere discrezionale, sul cui esercizio è escluso qualsiasi sindacato dei giudici comuni, poiché il giudizio sui mezzi idonei a garantire la sicurezza dello Stato ha natura politica».

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