Anche per Marchionne la dieta Monti è mortale

L’ad Fiat sferza il premier: "Il governo non sa investire". E persino SuperMario ammette: "Troppe tensioni sociali"

Anche per Marchionne  la dieta Monti è mortale

Roma - Il Papa di Roma, Benedetto XVI, lo invita «a reagire allo scora­mento ». Quello di Torino e Chica­go, Sergio Marchionne, invece lo invita ad aprire presto, subito, la famosa fase due, la crescita: «Così com’è, il rigore non basta più, do­po l’austerity e l’attenzione alle spese, ora bisogna portare avanti il programma per lo sviluppo. Manca al governo la capacità di in­vestire, però la macchina deve ri­partire ». L’amministratore dele­gato della Fiat non vuole altri in­centivi. «Ma se non riusciamo a mobilitare ora gli interessi indu­striali in questo Paese, non ci riu­sciremo mai più. E se continuia­mo a metterci a dieta, possiamo ar­rivare anche a morire».

Il Pontefice, il gran capo della Fiat. Sì, tira davvero una brutta aria, se poi a preoccuparsi è pure Mario Monti.«L’Italia-dice il pre­mier - è segnata oggi da forti ten­sioni sociali ed è normale che la precarietà generale aumenti gli stati di malessere». Quello che non va è sotto gli occhi di tutti e il Prof lo sintetizza così: «La man­canza di lavoro, la difficoltà a fare impresa e anche una crisi profon­da generata da rapide trasforma­zioni e dell’inevitabile disorienta­mento che queste comportano». Ma ora, avverte, se non si reagisce «con coraggio e energia», il Paese rischia di avvitarsi in una spirale pericolosa. «Se la crisi economica non viene affrontata con convin­zione, è inevitabile che il disagio aumenti, che si registrino segni gravi di incrinatura sociale. Si ten­de a diffidare degli altri, che sem­brano sempre meno colpiti o più fortunati.E l’insicurezza genera ri­piegamento su se stessi, frustra­zione, rabbia, aggressività». Risul­tato: «La crisi economica può di­ventare pure crisi di cultura e di va­lori ».

Insomma, dev’essere proprio un momentaccio se a lanciare l’al­larme è il timoniere. Scogli in vi­sta, parecchi e di varia natura: in­terni e internazionali, finanziari e politici. Sarà per questo che il pre­mier, dopo il lungo faccia a faccia di sabato con Giorgio Napolitano, decide di drammatizzare la situa­zione, di dare un taglio da ultimo appello al discorso che pronuncia ad Arezzo, al termine dell’incon­tro con Ratzinger. «Non possiamo arrenderci ora - dice agli studenti della città della pace di Rondine ­occorre invece uno sforzo comu­ne che deve basarsi su un’equa ri­partizione del carico. Questo è un grande Paese che però talvolta vie­ne preso da una sfiducia immoti­vata ».

Monti cerca quindi di stringere a se la sua sofferente maggioran­za. «Io- racconta ai ragazzi- faccio stare a tavola, qualche volta in sen­so letterale, le forze politiche». Si tratta di partiti nemici, «che si so­no aspramente combattuti» e ora è «importante far scoprire loro che sotto la crosta spessa della le­gittima battaglia politica, c’è un sottofondo di grande impegno per il benessere collettivo». Que­sta intesa di base, dice ancora il premier, «sta venendo fuori con qualche momento di luce e qual­che momento di ombra ». Sembra un modo per esorcizzare i tanti malesseri e le difficoltà, eppure il Professore si dichiara comunque ottimista: «Torno a Roma più con­ten­to del ruolo che mi è stato asse­gnato, perché vedo che è possibi­le riuscire».

Certo, poi la partita grossa si gio­ca in Europa. Oggi l’Eurogruppo affronterà i casi Grecia e Spagna e nelle prossime settimane a Bruxel­les potrebbero ess­ere ridiscussi al­cuni parametri del patto di stabili­tà.

«L’Unione - sostiene Monti - è ancora un modello valido, anche se come soggetto autonomo sta in­dubbiamente fa­cendo dei passi in­dietro.

E l’Italia ha il dovere di oppor­si a­questi rallenta­menti, di non far­ne di propri». Pos­siamo riuscirci gra­zie alle nostre ca­r atteristiche. «L’Italia - insiste il presidente del Consiglio- è un Pa­ese molto forte per quanto riguarda il soft power , un potere che ci rende capaci di parla­re a tutti in modo amichevole, nel saper suscitare in tutti, anche tra gli opposti e i nemici, caratteristi­che di buonsenso».

La Ue è in grave difficoltà, ri­schia di perdere pezzi, ma ci con­viene tenercela cara. «Oggi quasi tutte le scelte della politica si basa­no sul breve periodo, sui sondaggi e su quello che pensa l’elettorato. Ma se il 9 maggio del 1950, prima della dichiarazione Schuman, si fosse fatto una ricerca statistica, l’idea più importate del XX secolo sarebbe stata affondata sul nasce­re ».

E un’analoga dose di buonsen­so, osserva Monti, servirebbe ai

politici italiani. «Possiamo anda­re avanti solo con l’impegno di tut­ti. Se continuiamo a guardarci con reciproco sospetto conclude -, si alimenta la paura e si indeboli­scono le forze. Nessuno accetta volentieri i sacrifici».

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