«C'è l'indennizzo di maternità» ma suo figlio ha ormai 19 anni

Va bene che siamo un popolo di mammoni, ma ottenere l'indennizzo maternità quando il figlio ha ormai 19 anni è un po' troppo. Ride di gusto la professoressa Giorgia Nani che, se avesse partecipato alle Olimpiadi di Londra, avrebbe certo conquistato una medaglia d'oro; specialità: maratona burocratica. Il primato della prof Nania è roba da sbaragliare perfino la rubrica «Stano ma vero» sulla Settimana Enigmistica. Motivo? Prima che lo Stato riconoscesse a Giorgia l'indennità «pancione» sono trascorsi ben 19 anni.
Entriamo nella macchina del tempo e autotrasportiamoci al 1993, anno in cui Giorgia, all'epoca 24enne, era insegnante supplente con contratto a tempo determinato in una scuola elementare di Verona. Appena il tempo di esultare per la gravidanza, ed ecco la precaria in dolce attesa (del figlio, ma anche di una cattedra di ruolo) presentarsi all'Inps con regolare richiesta di indennizzo maternità. Ma qui giunge il primo di una lunghissima serie di intoppi: l'Inps si dichiara «non competente» e passa la palla al Provveditorato agli studi che, a sua volta, «respinge la pratica per incompetenza». Ma che bello vivere in una nazione di «incompetenti»!
«Quando finì l'anno scolastico - racconta la docente al Corriere del Veneto -, all'ufficio di collocamento mi consigliarono di richiedere l'assegno di disoccupazione fino a ottobre, quando avrei avuto diritto all'indennità di maternità. Ma quando arrivò il momento, dall'Inps mi risposero che non toccava a loro pagarmi, ma al Provveditorato agli studi, visto che ero stata una dipendente della scuola». Sembrava un cavillo risolvibile rapidamente. Era invece l'inizio di una grana interminabile. Con l'Inps e il ministero della Pubblica istruzione impegnatissimi nel rimpallarsi la responsabilità dei pagamenti.
Risultato: tra un ricorso e un controricorso è passato quasi un ventennio e la donna, che adesso ha 43 anni, non ha incassato quanto dovutole, se non oggi che il figlio va in quinta superiore. «Meglio tardi che mai», commentano gli ottimisti; «La riprova che viviamo in un Paese da barzelletta», ribattono i pessimisti; «Ve la meritate l'Italia...», sintetizzano i realisti, ispirandosi alla celebre invettiva di Nanni Moretti che nel film Ecce Bombo esce dal bar urlando: «Ve lo meritate Alberto Sordi...».
Ma torniamo alla nostra storia. La mamma, che nel frattempo ha avuto altri due figli, oggi può finalmente cantare vittoria. Il Tar, cui l'insegnante aveva fatto ricorso nel '97, le ha dato ragione. Un verdetto per il quale gli ermellini se la sono presa piuttosto comoda; la loro sentenza è stata infatti depositata il 6 agosto: 5.238 giorni dopo la presentazione dell'esposto, e addirittura a 18 anni e 234 giorni dalla nascita di Alberto, il figlio della signora Nani, oggi iscritto alla quinta superiore e neopatentato.
«È uno scandalo che ci siano voluti 19 anni per determinare quale ente avrebbe dovuto pagare l'indennità», protesta in coro la famiglia Nani.
«Quando finì l'anno scolastico - ha raccontato la docente al Corriere del Veneto -, all'Ufficio di collocamento mi consigliarono di richiedere l'assegno di disoccupazione fino a ottobre, quando avrei avuto diritto all'indennità di maternità. Ma quando arrivò il momento, dall'Inps mi risposero che non toccava a loro pagarmi, ma al Provveditorato agli studi, visto che ero stata una dipendente della scuola».
Fatto sta che ora - dopo un dispendio di carta bollata da disboscamento della foresta amazzonica - il ministero dell'istruzione dovrà pagare l'indennità maternità per 9 milioni e 855mila lire che, convertiti in euro, fanno 5mila e 89 euro. Cifra con la quale oggi acquisti, sì e no, una Panda di seconda mano.
Ne è cosciente la stessa prof Nani che però alla pugna giudiziaria sembra essersi appassionata, tanto da annunciare ulteriori battaglie legali: «All'epoca quei soldi mi avrebbero fatto molto comodo per crescere mio figlio invece dovemmo tirare avanti con un solo stipendio. Adesso ho fatto causa allo Stato per l'eccessiva durata del processo». Insomma: per la signora Nani non è finita qui.

La mamma vuole andare fino in fondo e «vedersi riconosciuto il danno». Vuoi vedere che alla fine di quest'altro processo - magari attorno al 2032 - arrivano altri 5 mila euro?
Così, giusto per comprare una stecca di sigarette...

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