Caro Silvio Berlusconi,
a quasi 77 anni e dopo venti anni di ribalta come protagonista assoluto della politica italiana, è arrivato il momento di lasciare in eredità all'Italia un contributo significativo per il riscatto della nostra libertà e sovranità. Stiamo assistendo apparentemente inerti e impotenti alla perpetrazione di un crimine epocale: l'Italia ricca si sta riducendo a italiani poveri; l'Italia forziere della cultura mondiale viene spogliata della sua civiltà laica e liberale dalle radici giudaico-cristiane.
Il nostro amato Paese sta sprofondando nel baratro della speculazione finanziaria globalizzata che uccide l'economia reale e condanna a morte le imprese, trasformandoci antropologicamente da persone depositarie di valori inalienabili alla vita, alla dignità e alla libertà, in semplici strumenti di produzione e di consumo della materialità coltivando come modello da agognare la Cina capital-comunista; in parallelo siamo succubi della dittatura del relativismo promossa da quest'Europa senza un'anima, non abbiamo più la certezza di chi siamo, ci vergogniamo delle nostre radici, ci presentiamo come se fossimo una landa deserta priva di fede, valori, identità e leggi, finiamo per essere percepiti come una terra di conquista favorendo l'immigrazionismo senza regole e l'islamismo violento.
Noi che amiamo l'Italia e non rinunciamo a vivere da italiani veri a casa nostra per assicurare un futuro migliore ai nostri figli e nipoti, noi non ci rassegniamo. Dobbiamo riscattare convintamente, con determinazione e urgenza la nostra sovranità monetaria, legislativa, giudiziaria e nazionale. L'Italia è costretta al suicidio dal momento che le imprese muoiono perché creditrici non debitrici, in un contesto in cui il principale debitore insolvente è lo Stato. La verità è che non abbiamo letteralmente i soldi. Siamo come uno straordinario parco di Ferrari che potrebbero vincere tutti i Gran premi del mondo ma siamo costretti a non gareggiare perché manca la benzina. È fondamentale che gli italiani sappiano che la ricchezza non è insita nella moneta bensì nella disponibilità e nella capacità di produrre beni e servizi. Abbiamo conferito la prerogativa di emettere la moneta a una società per azioni privata di diritto pubblico, la Banca centrale europea, il cui statuto la vincola a salvaguardare la stabilità dell'euro e a interagire esclusivamente con le banche. L'Italia è vittima del signoraggio bancario, è costretta a indebitarsi perché deve emettere titoli di Stato a debito per disporre della moneta ed è condannata a morire per debiti perché contrae forzosamente nuovi debiti per ripianare i debiti pregressi. E il colpo di grazia ci viene impartito dai trattati europei noti come fiscal compact, Mes, Patto di stabilità, nonché dall'inserimento nella Costituzione dell'obbligo del pareggio di bilancio.
L'esito della morsa del debito pubblico che cresce in modo forzoso e del taglio della spesa pubblica che ci viene imposto è la condanna a morte degli italiani. Tutti gli indicatori economici attestano in modo inequivocabile che noi vivevamo meglio con la lira, mentre l'euro ha danneggiato le nostre imprese e ci ha impoverito. A dispetto del terrorismo psicologico scatenato dagli apologeti della dittatura finanziaria ed eurocratica che prefigurano scenari apocalittici qualora l'Italia dovesse riscattare la sovranità monetaria, si sta consolidando il fronte degli economisti apertamente contrari all'euro, tra cui i premi Nobel Paul Krugman, Milton Friedman, Joseph Stiglitz, Amartya Sen, e i nostri Claudio Borghi Aquilini, Alberto Bagnai, Giulio Sapelli, Bruno Amoroso, Antonio Maria Rinaldi, Nino Galloni, Emiliano Brancaccio, Sergio Cesaratto, Gennaro Zezza, Lidia Undiemi, Luca Fantacci, Loretta Napoleoni.
Il contesto in cui oggi opera la politica registra la crisi dei partiti come soggetti qualificati a intercettare e tradurre in fatti le istanze dei cittadini. La crescita dell'astensionismo e la perdita di consenso (in valori assoluti) di tutti i partiti, ci impone di ridefinire la cultura politica rimettendo al centro i cittadini e la funzione dei partiti che deve corrispondere al servizio e non al potere.
Caro Berlusconi, le propongo di unire e coordinare l'insieme dei soggetti politici che aspirano alla rinascita dell'Italia libera, sovrana e federalista, valorizzando la peculiarità di ciascuno. Io amo l'Italia, il movimento politico da me fondato, rivendica sin dal 2009 l'uscita dall'euro. Lei potrebbe essere l'artefice della promozione di questa storica missione, sostenendo all'interno del centrodestra il fronte di chi è apertamente favorevole all'uscita dall'euro e da quest'Europa dei burocrati e dei banchieri, anche senza esporsi direttamente. Incontriamoci appena possibile: ogni giorno muoiono circa mille imprese, s'impenna la disoccupazione, s'allunga la fila degli italiani alle mense dei poveri, aumentano i giovani costretti a emigrare, cresce la disperazione tra i cittadini.
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